copsignspreyer(Red Cat Records) Gran bella musica questa dei Signs Preyer. Roba energica, ritmata, robusta. Influenze southern in una sorta di stoner/thrash metal, con punte di hard rock e, dunque, nell’insieme un po’ crossover. I pezzi si appremdono da subito: partono e la logica che c’è dietro si intuisce immediatamente. Una logica che li rende accattivanti, come potrebbero esserlo i Disturbed di tempo fa, ma la band di Orvieto non ha propriamente lo stile di quella di Chicago, ma Ghode Wielandt mi ricorda vagamente la linea vocale di David Draiman e i riff hanno una distorsione meravigliosa, fatta di rocce ed elettricità e che a volte seguono delle sequenze che mi hanno ricordato la sunnominata band. I ritmi di James Mapo sono sempre in tensione, accompagnano le note delle chitarre di Eric Dust (hanno tutti e quattro nomi fittizi), sostenendole con solidità. Anche il basso di Viktor Kaj inserisce i suoi spunti con lucida semplicità e arricchendo le sfumature del sound.  “Anger”, “Bitch Witch”, “Killer Instinct”, sono canzoni immediate e che sanno di un metal maturo e vissuto, mentre altre che prendono immediatamente sono “Signs Preyer”, con il suo incedere rock ‘n roll, magica parola ripresa più volte nel testo e nel calore del riffing, oppure “Dark Soul”, eterea e cupa ballad. Sound arroventato, a tratti come quello dei Black Label Society, cocente come quello dei Pantera. Assoluto e imponente come sono i Signs Preyer, band italiana, del centro, versante tirrenico e che ha suonato con Scotto, Di Anno, Helmet e i Corrosion Of Conformity. Questo è quanto si può dire di loro, ma la musica che presentano in questo omonimo album li racconta in modo altrettanto magnifico ed illustre.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10