(Scarlet Records) L’incipit dell’opener “Rais The Dead” è un inno all’heavy metal di matrice maideniana e nel suo prosieguo la canzone è puro heavy metal di altri tempi, ‘priestiano’ a più riprese, quanto concretamente arcigno e coinvolgente. L’heavy metal degli svedesi è sorretto da una buona sequela di riff e soprattutto di refrain che rendono accattivante e immediato il loro “Beggar’s Hill”. La base ritmica è ben equilibrata e si agganciata al riffing e alle andature dei pezzi e a battere sulle pelli c’è Snowy Shaw, autentico mattatore della scena scandinava con collaborazioni per Therion, Dimmu Borgir, King Diamond e via dicendo. Kristoffer Göbel, voce, chitarra ed ex Falconer, si destreggia bene anche nei pezzi meno classici e con un piglio alla Metallica della svolta, come “Tears” oppure la title track. Christoffer Borg, altra chitarra, completa il quadro di due sei corde che a tratti sono tipicamente gemelle come nella tradizione ‘maideniana’, brave anche a sviluppare momenti esaltanti e di matrice power metal. Dieci pezzi tutti invitanti, da vivere, completati con una trilogia intitolata “A Templar’s Tale” che supera i quindici minuti e corona la fine dell’album. Nella seconda parte della trilogia intitolata “The Siege”, i Six Foot Six raggiungono vette epiche con melodie un po’ medioevali e con un tocco alla Magnum. Tuttavia non tutte le canzoni hanno un taglio totalmente classico, certamente nessuna di esse vive senza refrain polifonici ma in buona parte delle dieci composizioni qualcosa che porta alla mente un heavy metal più tardo, fine anni ’90 o integrazioni di stile dei Metallica della svolta o degli ultimissimi Judas Priest, è un canovaccio onnipresente e a suo modo fresco.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10