(Osmose Productions) I Sjukdom portano avanti il verbo del black metal così come era stato concepito e coltivato dalla schiera norvegese. Sono la parola di una terra che ha saputo regalarci artisti infiniti, Mayhem e Burzum su tutti. E allora, ecco batteria ultraveloce, voce che urla al cielo ogni maledizione possibile, basso praticamente inesistente e chitarra che non sta ferma un nanosecondo. Per un’opera che purtroppo fin dalle prime note non tocca vertici molto alti, eppure un ragionamento lo si può fare, ossia che ormai i tempi bui per questa musica, ossia tempi dove l’ispirazione era data da sensazioni oscure, cattive e bestiali, son finiti. Il contesto è cambiato, le sonorità si sono evolute e molte cose sono cambiate. Fatte queste premesse, riscontro che questo album, purtroppo, sembra decisamente spento rispetto al confronto con i nomi prima menzionati, non riuscendo mai veramente a tentare di confrontarsi con i mostri sacri del genere. Le canzoni sono poco ispirate ed evocative, anche se viene usata la lingua madre nei testi. L’atmosfera degna del black non viene mai propriamente raggiunta ed in definitiva nessuna delle tracce risulta nel complesso capace di coinvolgere l’ascoltatore. Un giro a vuoto, purtroppo.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 6/10

(Osmose Prod.) Sbarcano su Osmose i Sjukdom, formazione norvegese devota al black metal e creata da Avsky e Natt. Il primo voce, il secondo è batterista già coinvolto in altri progetti in passato, affiancati dalle chitarre di Hul e dal basso di Nekrosis, si lanciano in questa turbinante e guerrafondaia manifestazione del genere con tratti appena Gorgoroth e Dark Funeral nelle parti estreme. Secondo full length a cinque anni da “Når Alt Mørkner”, altra fiera espressione black metal. Il drumming di Natt è una tempesta, essenzialmente votato a blast beat e con una doppiacassa martellante, il tutto rimpolpato dal quattro corde di Nekrosis che ampliano il senso del ritmo. Il riffing è una belva feroce e offre ogni intercalazione possibile del genere. Circa trentacinque minuti di metallo nero spinto a grosse velocità, con l’eccezione di “Terra Nihil”, non proprio un pezzo lento ma almeno modulato e con variazioni meno tempestose. Le melodie sono epiche, maestose, gelide nell’anima. Fortemente e inopinabilmente cattive. “Stridshymner Og Dødssalmer” guarda alla tradizione e al contempo svelando l’anima oscura e spiritata della band.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10