copsleepygarden(Thisplay 2.0) Sogno e fantasia. Fuga dal mondo, fuga dalla monotonia. La ricerca di un sorriso morente, la ricerca di eroi, contro l’oppressione, contro la tirannia. Ricordi e gloria di un passato che costituisce le basi della vita di oggi. Queste sono le parole che aleggiano tra le note di questo bellissimo disco. Un disco che incrocia la strada della mia vita in modo strano, particolare. Ci sono infatti tre fattori che mi portano a valutare questo album, un album di ottimo rock italiano. Il primo fattore è semplicemente emozionale, personale. Ritrovo dopo moltissimi anni Giovanni, un caro vecchio amico, un bravissimo chitarrista il quale, oltre vent’anni fa suonava con me in una band. Anzi, la band fu una nostra creazione. Trovammo validi compagni, e riuscimmo a mettere in piedi qualcosa. Ad un certo punto io mollai, loro fecero un disco con del materiale che era semplicemente l’evoluzione dei pezzi scritti da me e Giovanni. Poi l’oblio. Il mio oblio. Anche il loro. La vita, i viaggi, i destini, i vortici, molte vicende. Un giorno, come se il tempo fosse uno scherzo assurdo, ritrovo Giovanni, vent’anni azzerati in un secondo. La prima cosa che gli chiedo è quella più ovvia: “Suoni ancora?”. Ricordo la sua grande abilità alla sei corde. Diavolo, mica suonavamo quei soliti quattro accordi! Erano gli anni ’90, tuonavano le band di progressive e power metal. Dream Theater. Symphony X. Stratovarius. Noi suonavamo proprio quel genere: chitarre complesse, giri di basso neo classici, batteria contorta, tastiere geniali. Ricordo che comprai il mio primo CD dei finlandesi Stratovarius, “Dreamspace”, proprio con Giovanni, il quale disse “dalla copertina devono fare prog…” (non li conoscevamo ancora); andammo con la sua auto al negozio di dischi (all’epoca non c’era Amazon…) a velocità suicida, entrambi siamo infatti posseduti dal demone della velocità e dei motori (io due, lui quattro ruote), demone che ancora non è ancora stato esorcizzato dai nostri corpi. L’unica differenza è proprio il numero di ruote, esattamente la differenza che c’era tra le corde del mio basso e la sua chitarra. Tornando ad oggi, non appena mi rendo conto che Giovanni è in piena attività, anche se lontano dal metal, non resisto. Voglio sentire. Voglio capire. Potrebbe essere stata una strada percorsa assieme. In un’altra vita. Forse in una dimensione parallela sono ancora il suo bassista. Forse no. La vita a volte divide. Deviazioni perverse dell’esistenza. Il secondo fattore che mi porta verso questo lavoro è la mia curiosità alimentata dall’interesse musicale, quella mia infinita sete di conoscenza, quella dipendenza maniacale nei confronti della musica. E’ la curiosità che mi ha sempre spinto a percorrere strade nuove, conoscere musiche diverse, generi strani, bands sconosciute. Gli Sleepy Garden fanno un rock energico, non troppo pesante, piacevole e fluido, con un groove maledettamente irresistibile. E cantano in Italiano. Lo ammetto: di solito il concetto “rock in italiano” genera in me una specie di allergia violenta. Fatico a non associare il genere ai soliti finti idoli del patetico popolo finto-rockettaro italiano. Cerco di ignorare questi miei pregiudizi… però se non lo facessi, ve lo garantisco, “Tutto Nei Miei Sogni” frantumerebbe ogni preconcetto come una pietra contro un cristallo. Questo disco è registrato dannatamente bene, curato, ogni suono al posto giusto, ogni strumento perfettamente udibile, definito, un ensemble musicale sublime, dove i virtuosismi di Giovanni non sono mai eccessivi, ma sempre orientati ad una sensazione sonora tridimensionale, totale, avvolgente. Virtuosismi di Giovanni? Certo, lui sarebbe un chitarrista solista di quelli tosti, di quelli che ogni progressive metal band vorrebbe avere nei ranghi, ma sono sicuro che Giovanni faticherebbe ad assumere un ruolo di prima donna con la band che si è messo attorno: tutti musicisti abilissimi, in particolare il bassista che spara linee di basso vellutate, calde, emozionali, assolutamente indispensabili per la musica degli Sleepy Garden. Mi guardo allo specchio e rido di me stesso: ma quando mai avrei pensato, o immaginato, di ritrovarmi a canticchiare delle canzoni in Italiano? Eppure la mia mente, attraverso la mia bocca, rilascia la melodia di “Il Clown”, ed anche le parole bellissime di “Come Un Sogno”. Mi ritrovo con quella sensazione che gira per la testa, tra le orecchie, è mi rendo conto che è “Un Mondo Di Eroi”. Sto diventando troppo soft? Non credo, anche perché ci sono pezzi come “Verso Il Destino” che hanno quel feeling che pompa, che esalta, e canzoni come “Quei Dodicimila” che rapiscono con malinconia, passione, dolore. Disco veramente godibile, di quelli che non abbandoneranno facilmente la mia playlist personale. Se tutto questo non bastasse, esiste il terzo fattore. Quello umano. Questi ragazzi non suonano giusto per suonare o per intascare qualche decina di euro provenienti dalle vendite su iTunes o Amazon, o dai limitati CD che stampano. Parte dei loro proventi discografici, i ricavati degli spettacoli o della vendita del merchandising, vengono devoluti alla ricerca contro alcune malattie rare, ed in particolare la sindrome di Menkes. La band è talmente impegnata in questa attività che si sta organizzando per creare un’associazione propria, orientata a questi fini umanitari. Un album ricco di emozioni, di sensazioni, di umanità, di ricchezza interiore. Sapienti musicisti, performers intelligenti, artisti ricchi di quel fattore umano spesso soppresso da desideri di fama e successo, dalla sete di denaro che abitualmente lascia sul terreno la prima vittima: l’arte. La musica degli Sleepy Garden è immune da queste corruzioni. E’ creata con passione e sentimento. E’ sincera. Musica creata per emozionare, per divertire, e per sensibilizzare. La voce di Giovanni, le parole che canta, e la musica che supporta la poesia sono semplicemente purezza riassunta in quelle sette note.

(Luca Zakk) Voto: 8/10