copsouthb(Autoproduzione) Se suoni melodic hardcore a Napoli cosa sei? Una band ringhiante, arrabbiata, perché sei hardcore, o almeno lo dovresti essere, ma possiedi anche una buona dose di melodia e in un certro senso Napoli è una città di melodia. Non è un concetto banalmente espresso per ricollegarmi al genere dei South Bridge, ma è la sintesi di quello che è una band giovane e quindi figlia dei nostri tempi. La musica degli SB è scorrevole, sicuramente potente, ma non è quel hardcore punk pungente, rivoluzionario e nichilista. Anzi, credo che i Campani si pongano dal lato opposto. Forse a loro manca la vera rabbia, quella isterica e spazientita sfrontatezza che l’hardcore richiede, ma allo stesso tempo c’è quell’indole votata alla regolazione di pezzi che posseggano quella giusta ed equilibrata vena di melodia. Un esempio, in “Field of Dreams” cade addirittura un ritornello metalcore (ma non è l’unico caso), il quale molto francamente mi sembra fuori contesto e del tutto debole rispetto al clima generale. Più una critica è, la mia, una constatazione, come lo è anche il fatto che il cantato di Vittorio è nervoso e rabbioso e lo vedrei bene in una qualsiasi band hardcore di Boston o New York. Un valore aggiunto, insieme alla batteria di Giovanni. Il filone americano e di tipo contemporaneo pare essere l’idea stilistica della band che arriva al suo massimo, dal punto di vista dell’elaborazione e costruzione di un pezzo, in “Endless Engine”. Questi 17’ totali in due ascolti permettono di rendere i South Bridge molto familiari perché parlano chiaro all’ascoltatore, comunicando con una lingua sonora di tipo moderno. Punk nella sua linea di principio, sicuramente, ma con un forte occhio alla cura dei particolari, alla produzione ed alla fruibilità stessa dei brani. Un punto di forza.In sostanza questo poco più di un quarto d’ora di celebrità per SB è stato ben sfruttato, sperando che in futuro riescano a darci anche di più.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10