(Masterful Records) La colonna sonora di una marcia verso la redenzione. Redenzione da una schiavitù mentale imposta dalle religioni. La devastazione imposta da un death metal furioso, micidiale, che abbraccia testi prettamente black metal: odio della cristianità, inni all’oscuro, rituali perversi, osceni, violenti. I Polacchi Sphere non hanno alcun rimorso o pietà. Il loro schieramento con le forze del male è totale, completo, assolutamente devoto. E le 666 copie fisiche di questo “Homo Hereticus” rilasciate dall’etichetta saranno un esclusivo privilegio per questo numero limitato di seguaci del male che ne entreranno in possesso. L’album è corto, ma dannatamente efficace. Il death old school è arricchito da idee fresche, che danno genesi a 12 tracce molto catchy, veloci al punto giusto, con ritmiche colossali capaci di scuotere interi palazzi. C’è una dose di melodia tetra nel song writing degli Sphere, rendendo l’album sempre ricco, dinamico, mai noioso o scontato. La voce di Analripper è esattamente in linea con il nickname del cantante: profonda, disumana, con chiara origine dall’oltretomba. In pezzi come “Third Scent Carcass” raggiunge tonalità estremamente basse e gutturali, tipiche del grind core più estremo. E’ malsanamente delizioso l’alternarsi di blast beats fuoriosi a ritmiche cadenzate concepite con estremo sadismo -devastazione di spine dorsali come unico obiettivo- quasi fosse un ordine che proviene direttamente dal demone supremo. Il drumming do ThOrn è  brutale, pieno, una macchina instancabile che produce cadenze votate al massacro. Pezzi come “Psalm To The Dark One”, “Devil’s Reunion”, “Godless Profanity” e la title track sono esempi del desiderio di sangue e morte di questi esseri malvagi. Un’altra prova che il lato estremo della Polonia è attivo, efficace, e assolutamente devastante.

(Luca Zakk) Voto: 7/10