(Atomic Stuff) Dalle nebbie del mantovano fuoriescono quattro anime dannate, folli, rockeggianti e su di giri. Adoratori dei B-movies e trasferita questa passione attraverso lo sleazy rock e il punk, gli Splatters tirano su l’esordio dal titolo “Fear of the Park”. E’ un lavoro che scorre con impeto e tante buone canzoni, dal sound trascinante e messo insieme da una generica matrice punk e dalla forza dello sleaze. Una delle prime canzoni più accattivanti è “Here Come the Monsters”, con un piccolo motivetto alla AC/DC, brano nel quale il pompaggio sfrenato del basso di Mr. Sprinkler si attacca alla perfezione con il colpire disinvolto e trascinante di Paul Destroyer. I due si mettono in mostra in più momenti dell’album. “Die in a Leather Jacket”, è una visione più sinistra delle melodie e con un forte retroterra punk, sottolineate anche qui da Destroyer, ma con un bridge lascivo che riporta gli Splatters nel terreno dell’hard rock. “Why Do They Always Die in This Way” ha qualcosa di Alice Cooper, forse per via della sua atmosfera inquietante. “My Lucky 13” sconquassa con l’ottimo lavoro solista di Alex Damned (bravo anche lui in più situazioni, vero rocker della sei corde). Sarà per il suo saltellante mid-tempo, per il ruggito delle sei corde e per l’estremizzazione vocale di Drow (un cantante davvero unico, con voce ringhiosa e che si sposa con la musica dei suoi compari, è anche chitarra ritmica), ma “Minotaury” è decisamente la canzone che armonizza l’essenza musicale degli Splatters. Merita una menzione a parte “Dark Way”: in ogni disco hard rock c’è una ballad, è un must, e gli Splatetrs non vengono meno a questo dovere. La incidono come se fosse in mono, con il sottofondo della puntina che viaggia sui solchi di un vecchio 33 giri e con Drow che canta con mesta malinconia, mentre un pianoforte viaggia in sincrono e Alex Damned fende l’aria a più riprese con struggenti assoli. Undici canzoni invitanti, tutte da seguire con movimento della testa, col tamburellare delle dita. Undici canzoni che raccontano di un luna park sanguinario ma attraverso un solida e spensierata anima rock/punk che riporta l’ascoltatore in atmosfere adrenaliniche, vedi anche “Killer Clown” e “Welcome Zobieland” che già nei titoli (e soprattutto nella musica) manifestano questo tema. Lavoro incoraggiante – la regia è di Oscar Burato, che con Stefano Gottardi sono i masterminds di Street Symphonies, logic(il)logic e Atomic Stuff- e ora non resta che tenere aperto il luna park e commettere omicidi!

(Alberto Vitale) Voto: 7/10