(Autoproduzione) Chissà, forse le Azorre sono un paradiso, ma l’arcipelago portoghese ha comunque qualcosa che non va per gli StampKase. La band proveniente dalle isole dell’atlantico mette in questo album una tirata di metal totalmente moderno, ma rabbioso, muscolare e con le melodie stipate solo nei ritornelli o comunque principalmente lì. Le chitarre sono distorte e violente, spesso cariche di groove e impegnate a creare metalcore, groove metal e la freddezza thrash/death dei Fear Factory. Siamo nel 2012, quasi 13 e gli StampKase sono una band moderna e attuale come sonorità, anche se provengono da un luogo remoto ed isolato del nsotro pianeta. La band ha reclutato Nuno Cardoso al missaggio e masterizzazione, noto per i suoi lavori con Anneke Van Giersbergern, Heavenwood e altri, e il batterista Nuno Costa è andato a Braga per registrare le parti del suo strumento con la supervisione del grande Pedro Mendes (Three Orakle, Heavenwood). Tanti altri accorgimenti i quali alla fine hanno reso “Mechanorganism” un album curatissimo. Dieci brani totali, dove si mettono in evidenza la strana, complessa, articolata titletrack, posta a chiusura dell’album con quasi 9′ di mazzate. “Blank Wound”, “Deja -Vu” e “Faded” stazionano tra i 5′ e mezzo e i 6′, un minutaggio di almeno un minuto superiore al resto e la cosa si spiega per le armonizzazioni più fluide e per le melodie molto più vaste, in particolare per le ultime due. “Stamina” e “Scintilla” sono un ulteriore impasto di Fear Factory, Lamb Of God e Meshuggah; spietate e con melodie improvvise e dal sapore cyber. Con qualche ascolto in più si percepisce l’essenza di questo lavoro, articolato negli influssi che lo dominano, sottolineato da alcune interessanti melodie e confezionato da un sound assolutamente “alla moda” e da un artwork concettualmente interessante, è di Colin Marks (Exodus, Nevermore, Kataklsym).

(Alberto Vitale) Voto: 7/10