(Metal Hell Records) Un wall of sound gigantesco per gli australiani Stormtide, che nel loro secondo full-length ci offrono un turbine di power/folk/death metal, quello che io (ma ormai sono fra i pochissimi) chiamano battle metal. L’epica titletrack è una tempesta di tastiere e suoni stentorei, ma colpisce la povertà produttiva: la voce è incredibilmente dietro al resto, il mix molto confuso. “Awakening” ha un taglio profondamente cinematografico, con sezioni di blast beates incessanti; il disco vive anche di opposti, dato che contrappone una dopo l’altra “She Who Would Name The Stars”, ormai vicina al black sinfonico, e “One Last Pint”, dai toni decisamente più allegri. “Wayfinders” butta dentro qualche elemento folk, in modo devo dire non disprezzabile; si chiude con la meno veloce, ma ancora più solenne, “A Warship Braved The Tempest”, brano che mostra come gli australiani sappiano ammantarsi di un diverso tipo di maestà. Peccato, allora, per i limiti produttivi, perché il songwriting c’è.

(René Urkus) Voto: 7/10