(Subsound Records) È un progetto strano Supervøid, appena giunto al debutto ma composto da artisti affermati, esperti; tre musicisti italiani, ovvero il nucleo centrale (Eraldo Bernocchi, Xabier Iriondo e Jacopo Pierazzuoli) con una violoncellista inglese (Jo Quail)… scelta al posto di qualsivoglia vocalist, per esplorare un idea totalmente strumentale, ambient, avant-garde, capace di inglobare con disinibito libertinaggio un vasto range di generi musicali, passando per il doom il drone, il noise, il prog, il jazz, il blues, il tutto in un contesto di teatralità superlativo. Nome del gruppo e titolo fanno riferimento diretto ad un affascinante mistero scientifico soggetto ancora a varie teorie, un’area del cosmo inusuale, un’enorme regione a bassa densità di materia chiamata supervuoto cosmico, o anche il Grande Vuoto della costellazione dell’Eridano, una porzione dell’emisfero sud dello spazio immensamente più vasta di qualsiasi altro vuoto noto. E dentro questo vuoto, la band mostra all’ascoltatore un percorso, il tragitto di un viaggio psicologico dal sapore mistico. Incalzante e piena di pulsazioni “1.8 Billion Light Year Structure”, brano con sonorità ruvide, lamenti cosmici, parentesi riflessive nelle quali la luce abbaglia, prima di esplodere in una deflagrazione stellare le cui vibrazioni persistono per millenni. Seducente e magneticamente attraente “A Cold Spot”, traccia che lentamente accompagna da un ipotesi onirica ad una realtà crudele e siderale, prima di una pace sensoriale ingannevole, penetrante, inebriante. Con “Eridanus – The Biggest Thing” il metal e lo sludge sono dominanti, un incedere marziale graffiante, destabilizzante, tellurico. Elettrizzante “The Acceleration Of The Universe”, oscura e deliziosamente indecifrabile “The Dark Flow”, con le sue atmosfere jazz, la sua delicatezza slow blues, i suoi corpi celesti che vagano senza meta verso l’infinito. Ancora sludge impetuoso con “A Rip In The Fabric Of Space”, prima della fantasia post etnica della conclusiva e meravigliosamente atmosferica “The Largest Structure Ever Found By Humanity”. Quel Grande Vuoto. Un’area che gli scienziati pensano risucchi energia dalla luce che ci passa attraverso, un’area così vasta e probabilmente lontana dalle regole conosciute della fisica tanto che un’ipotetico attraversamento della stessa potrebbe richiedere un tempo infinitamente enorme. Un amplesso deviato di energia, di tempo e di spazio. Forse un universo parallelo, vicino, confinante. Un gelo siderale. Uno scenario così complesso e vasto che noi umani, ammucchiati sopra questo piccolo pianeta, possiamo provare a descrivere solo con teorie scientifiche non verificabili, oppure ipotesi artistiche estremamente esplicative, capaci di materializzare le inimmaginabili emozioni che la nostra limitata materia grigia potrebbe provare in un contesto così sconfinato. Ed è esattamente qui che si incastra il tassello Supervøid nell’infinito puzzle cosmico, un puntino apparentemente insignificante, una macchia fredda che invade l’osservazione della radiazione cosmica di fondo, la prova del Big Bang, energia scatenata da energia, molteplici suoni che esplodo, che si intrecciano formando costellazioni affascinanti. Arte sublime scatenata da un denso alone di misteri impenetrabili.

(Luca Zakk) Voto: 10/10