(Young God Records) Un nuovo album degli Swans dell’eterno Michael Gira, il quale ha riplasmato ancor auna volta la formazione per questo materiale nato durante la pandemia. Si intitola “The Beggar” e si assesta su sonorità psych-folk e abbraccia l’inquietudine umana e nel caso di Gira quella di essere alla fine di una carriera artistica, un timore sbocciato in molti artisti nei giorni pandemici. Un’inquietudine che si respira in ogni brano. Non solo in quelli più cupi e ‘personali’ come “The Parasite” oppure “Unforming” per esempio, ma anche nei pezzi più dilatati e ricchi di strumenti come “Los Angeles: City of Death” oppure in uno maestoso e solenne come “No More Of This”. In questoi album i The Swans emergono nella loro cupa essenza, nella loro elegnate ma pesante negatività di spirito. L’autoanalisi di Gira, i foschi presentimenti, i suoni chiari, pieni ma tristi e malinconici quanto ipnotizzati in certi casi, determinano uno degli album più profondi e stranianti della band. Supera le due ore di musica “The Beggar” e la cosa non sembra avere la forma di un blocco insormontabile. Certo, Michael Gira e gli Swans non lasciano serenità in questo quindicesimo album in studio dove la title track tocca gli oltre dieci minuti di durata con la sua notturna e fatale atmosfera, mentre “The Beggar Lover (Three)” arriva a quasi quarantaquattro minuti ed è un poema in più parti consequenziali dove dark, folk, psichedelia e atmosfere marciano inesorabili e senza una sola linea canora. Hanno suonato e cantato in almeno dieci musicisti (tra i quali Ben Frost) in questo album e usando strumenti acustici e non, sintetizzatori e così via. Il risultato non è qualcosa di banale, forse non del tutto avvincente in certi suoi momenti eppure “The Beggar” sembra proprio tenere alta la gloria e il buon nome Swans.

(Albereto Vitale) Voto: 8/10