(Ván Records) Viaggio o esperienza che possa essere, questo lavoro di Robert Andersson (Morbus Chrom) è qualcosa di estremamente interessante. Musica da seguire, da ascoltare quanto c’è in “The Eternal Resonance” e assaporando i diversi momenti, le fasi, le evoluzioni, le improvvise situazioni della composizione. Quanto Andersson ha pensato, lui che è chitarra e voce, insieme a Isak Koskinen Rosemarin, chitarra solista, e Jesper Nyrekius, batteria, è qualcosa che traspone il metal in territori rock. Psichedelia, accenni prog, atmosfere vagamente Opeth degli esordi, ma molto più allegre e meno autoindulgenti, più vive, per non parlare di certi accostamenti melodici ai Pink Floyd degli anni ‘80 e ’90. Materia vasta che si barcamena tra un avantgarde doom metal, il post black metal e, a questo punto, la si finisca pure con le etichette e i generi! La summa del tutto è già stata indicata qualche riga più su: metal e rock che si fondono, si trasfigurano e mutano l’uno verso l’altro. Momenti sospesi, d’incastro, psichedelici e neo-prog seguiti da crescendi, da veemenze tra doom e black metal. L’oscurità sovente trafitta da lame di luce che ampliano le melodie, che accrescono lo spessore delle strutture dei pezzi. Tolta la struggente opener “The Spark”, il resto delle composizioni durano tra gli oltre sette e oltre nove minuti. La lunghezza del tutto non è un peso, non grava sull’ascolto. Scorre il tutto, la musica, le intenzioni del trio, la grazia. Un’ora di evoluzione, di idee e di qualcosa da suonare per davvero. La concretezza di Jesper Nyrekius alla batteria è palese. È una solida ossatura, è il pulsare, l’aggiunta dell’anelito di vita a queste creature sonore composte con sapienza. Qualsiasi cosa sia passata nella mente di Andersson, è certamente riuscito a concettizzarla, mostrandola nella sua totale e nuda concreta bellezza.

(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10