copsymuran(Metal Scrap Records) Black/death metal fatto con chitarre che tratteggiano melodie grigie e tipiche di lande fredde e crepuscolari. Ritmi imponenti, con blast beat che servono a reggere altri riff, ma dalla timbrica maligna, come dei Belphegor più quieti. Se l’iniziale “Pessimizm” mette subito in chiaro che i Symuran amano trame sonore epiche e pagane, ovviamente interrotte da sfuriate, “Firegod” parte con un tocco quasi doom e un riff che mi ha ricordato i Tiamat di tantissimo tempo fa. Poi tutto si scioglie sotto i colpi della batteria di Voron, alla quale si affianca un basso denso e cupo, di Shadar. Tra pause, frenate, doppia cassa in risalto, la canzone si rivela tra le migliori delle sei. “Rise of Helheim’s Bonehands” propone un riffing alla Behemoth, un clima allucinato e qualche mid-tempo posto ad alleggerire il pestaggio. Ottima la melodia finale. “The Night Will All Down Again” vede le chitarre di Gravedancer, ritmico, e Smerch contorcesi in una lunga serie di riff. Brano dinamico e dunque di buona fattura. Il cantato, di Vlad Rommel predilige un growl torvo, ma si esibisce anche nello scream e di conseguenza riesce a rendere anche il suo compito più estroso. la chiusura di “Under the Runes of the Sun” contrariamente al titolo, e anche all’immagine della band, la canzone è un esempio di come i russi sappiano suonare in modo spietato e rude, col blackened death metal d’ordinanza, ma inserendovi però anche elementi thrash/death attuali e restituendo all’ascoltatore un brano evoluto e grintoso e non legandosi troppo alla matrice pagan metal che appunto la band restituisce. Niente di nuovo da parte dei Symuran, se non il fatto che questo debut album è ben suonato, con spunti tecnici e canzoni ben redatte.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10