(Nuclear Blast) Questi ultimi anni di carriera dei Testament hanno accresciuto di molto la mia stima verso di loro. Il livello qualitativo e la freschezza del sound offerto in queste ultime prove  – da “The Gathering” in poi- è stato incredibile, nonostante i trent’anni circa di attività. Altre band hanno stravolto il proprio sound, hanno subito scossoni di stile, ma niente da fare per i Testament. Loro restano ciò che sono. Ricapitoliamo la formazione di questo “Dark Roots of Earth”: Chuck Billy alla voce, una eterna conferma, Eric Peterson e Alex Skolnick, due “fratelli di chitarra”, Greg Christian, altro pezzo di storia, al basso e il mostro Gene Hoglan alla batteria. Con gente del genere si va lontano, si costruisce un album di sostanza e qualità. Si, il thrash metal dei Testament è puro, o quasi, i pezzi scorrono e le melodie insite nella musica sono immense. Anzi, sono eterne, perché questi nove pezzi riprendono lo stile “storico”, insomma riscoprono i Testament stessi, quelli di tempo fa. Anche la copertina sembra sottilmente comunicare questo recupero – magnifica è di Eliran Kantor, autore anche di Sodom e Atheist-. Qualcuno temeva per “Dark Roots of Earth”, album dalla lunga gestazione, in quanto l’etichetta adibita a metterlo sul mercato è la Nuclear Blast e sono in tanti (chi scrive è tra loro) a ritenere spesso maliziosamente patinate le release curate dalla casa tedesca. Non è così per questa nuova prova, tuttavia la purezza e la pulizia dei suoni sono in evidenza, ma non lo sono stati già album come “The Gathering” o “The Formation of Damnation”? Se “Rise Up” e “Native in Blood” aprono piacevolmente e con grinta l’album, la title track balza in alto nella scala dei valori. Sound possente, Hoglan che lavora di gomito e di fino e le chitarre che tessono riff con una sensibilità eccellente. “Cold Embrace” è un piccolo capolavoro, un ritorno a quelle canzoni a metà tra la power ballad e il concentrato di riff dannatamente heavy. “Throne of Thornes” ha forse qualcosa in più rispetto a tutte le altre canzoni: un aspetto progressive, un tono muscolare ma elastico per via di melodie serrate e cattive, i solo di Skolnick (eccellente il suo lavoro in questo senso). Insomma, c’è tutto. Devo riconoscere che ci sono delle canzoni forse non eccelse, non per questo brutte, ma l’impressione è che siano poco Testament: Last Stand for Indipendence”, appunto un brano poco Testament e sai che son loro per via di Chuck, invece “Man Kills Mankind” ricorda i Testament ampiamente noti e sentiti già troppe volte, come quelli di Practice What You Preach”. Beh, c’è da riconoscere che anche questi brani hanno comunque il loro peso nell’insieme di questo lavoro, che pur essendo thrash metal in più punti lo è di meno in altri. I Testament sono riusciti ad esprimere comunque se stessi e risultare moderni, senza troppi spettri del passato e apparire conseguentemente montoni. Per i vecchi fans “Dark Roots of Earth” sembra una conferma e magari sarà in grado di attirare anche l’attenzione di chi li conosce poco. Due parole sulla versione deluxe dell’album, dove figurano le cover di “Dragon Attack”  dei Queen,Animal Magnetism” degli Scorpions, “Powerslave” degli Iron Maiden e la versione “extended cut” di “Throne of Thorns”.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10