(Nuclear Blast Records) Voglio sin da subito premettere che, secondo me, i Testament non hanno mai fatto un disco che possa definirsi brutto o mediocre, assestandosi sempre su livelli buoni o eccellenti. Eppure, il penultimo lavoro, “Titans Of Creation” mi aveva lasciato parzialmente l’amaro in bocca, per via di brani sicuramente ben composti e tecnicamente ineccepibili, però, a mio avviso, mancanti di quel quid che li renda memorabili, nonostante un approccio talvolta melodico, sia nelle sonorità che nelle parti vocali. In altre parole, mancavano quei brani che da soli identificano un album, come “Rise Up”, “D.N.R.” oppure, in territori più melodici, “Electric Crown”. Attendevo quindi “Para Bellum” per capire lo stato di forma e d’ispirazione della band, caposaldo del Bay Area sound, scoprendo che il risultato va oltre le mie più rosee aspettative, grazie a un lavoro che riassume un po’ tutte le caratteristiche dei Testament, con in più alcune sonorità inedite. Sappiamo, ad esempio, che Eric Peterson è da anni appassionato di black metal, tanto da aver in passato formato i Dragonlord, progetto che univa appunto il black metal con le sonorità tipiche dei Testament. Solo che, finora, non aveva mai osato portare tale sound nella band principale! “For The Love Of Pain” sopperisce a questa mancanza con un pezzo in cui chitarre sparate a velocità folle, blast beat di batteria del nuovo entrato Chris Dovas – autore anche del testo – e le vocals in scream di Peterson si fondono con gli stacchi thrash e le parti vocali, ora in growl, ora pulite, del capo indiano Chuck Billy. “Infanticide A.I.” è il primo singolo uscito, stilisticamente affine a quanto la band propone negli ultimi lavori, con sporadiche accelerazioni piuttosto estreme, mentre l’altro singolo, “Shadow People”, è decisamente più oscuro e vicino alle sonorità di “Souls Of Black”. I Testament sanno menare come fabbri, eppure, quando alzano il piede dall’acceleratore e si cimentano nelle ballad, anche in questo caso non temono confronti, come dimostrano chicche come “The Legacy”, “Return To Serenity” e la nuova “Meant To Be”, caratterizzata da chitarre acustiche, voce pulita e ispirata, parti elettriche in crescendo, assoli magistrali e inaspettati inserti di violoncello ad opera dell’ospite Dave Eggar. Molto interessante “High Noon”, dalle sonorità blues imbastardite con il thrash, con un growl bestiale di Chuck; “Witch Hunt” riprende l’aggressività dell’opener nella prima parte, mentre la seconda metà presenta ritmiche più dilatate. “Nature Of The Beast” ha un’anima rock and roll che sarebbe piaciuta al compianto Lemmy, con un testo che, tra l’altro, parla di gioco d’azzardo, mentre la cadenzata “Room 117” richiama alla mente i migliori Megadeth. “Havana Syndrome” sforna una serie di melodie vincenti, stilisticamente vicine a un album come “The Ritual”, con Alex Skolnick in grande spolvero. Tocca alla potente title track chiudere un album che presenta una band in stato di grazia, in grado di sciorinare gran classe e stile, senza per questo avere paura di cercare nuove soluzioni.
(Matteo Piotto) Voto: 9/10