copthecircleendh(Memorial Records) Le sonorità di questa band friulana sono sospese tra il post metal e il post rock. I The Circle Ends Here sono una band che crea canzoni piene di malinconica tristezza. C’è un sottile senso di disperazione che serpeggia lungo i pezzi di questo debut album. Personalmente ritengo che sia il post metal in se ad avere nella propria genetica emotiva questo lato così grigio e sofferente. Nelle scariche tempestose e distorte della struttura dei pezzi subentrano anche pause, momenti più docili, quasi riflessivi, ed è proprio in quei casi che la band di Udine emette sonorità meno agguerrite e di natura post rock. “Remsis” configura uno scenario abbastanza fluido e molto vivace, soprattutto nelle tempistiche del batterista, Stefano Sbrugnera, comunque seguito dai riff intermittenti di Marco Giannini e Francesco Murtas. Tra sonorità apocalittiche e canoniche (a volte mi han fatto pensare ai Cult Of Luna, ma i TCEH non sono dei loro cloni), oppure scosse da un pathos interiore (“Trascend”), spuntano momenti vibranti e ricchi di spunti sonori e melodici (“Porcelain” e le soavi “Frail” e “Lakes”). “Nascience” possiede un groove accentuato rispetto al resto e la cadenza del riffing induce a pensare ai migliori Isis. L’album è chiuso da un “progetto”, mi piace definire così questa canzone, “Monumentum”, che diventa somma ed ampia sintesi del sound di se stessi in oltre 11’ in cui i friulani si svelano dei fini dicitori di atmosfere più ricche, quasi psichedeliche e comunque. Sicuramente è adatta la vocalità straziante di Johnny Dale Lonack (anche autore dei testi e dell’artwork). La sua interpretazione si cala bene nell’atmosfera plumbea dei pezzi, ma ritengo che qualche soluzione diversa di tanto in tanto potrebbe contribuire a dare anche uno stimolo nuovo alla musica stessa. Dopo un EP e una rispettabile attività live (la band in aprile va a suonare nell’Est Europa), questo album rivela un complesso musicale sulla buona strada. A me piacerebbe che sviluppassero ulteriormente il proprio sound, perché credo ne abbiano uno proprio, provando così a superare il genere stesso che suonano, il quale credo abbia esaurito le proprie cartucce, come gli ultimi album di band che lo eseguono da tempo hanno dimostrato svoltando in percorsi imprevisti. Questa però è una considerazione a margine. mentre per “The Division Ahead” si può solo ben dire.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10