copthefalloes(Grau Records) Totale mancanza di luce, di una luce che illumini la vita. Un percorso triste, malinconico e decadente, attraverso un album che è un autentico macigno. Un album molto elaborato, contorto, capace di generare emozioni oscure e profonde. Ogni suono risulta molto ben bilanciato, curato, e sembra impossibile che l’autore sia una sola persona, Marius Strand, il quale fa capo a questa one man band Norvegese. E’ davvero stupenda la completezza sonora tanto che risulta impossibile non pensare ad una band molto affiatata e capace. La creatività di Marius si orienta su un death metal estremamente melodico, esageratamente malinconico, con potenti richiami ai vecchi Anathema, Opeth o Paradise Lost. Brutale e sofferto il growl, triste e cristallina la voce pulita, uniti assieme per riuscire ad aumentare lo spettro emozionale che le granitiche tracce (sempre ben sopra i dieci minuti di durata) riescono ad offrire. Tratti acustici, riflessivi, in contrasto con altri tratti devastanti, un’emorragia di sofferenze e torture interiori. La opener “Sole Passenger”, è stupenda, quasi dodici minuti di rabbia e dolore che si inseguono nell’alternanza dell’uso di voce pulita con suoni armoniosi e growl a esaltare un death metal lento, melodico ma estremamente potente. L’unica traccia breve (poco più di due minuti) è “A Portrayal”, una introduzione acustica all’immenso duo costituito da “The Mammoth” e “Aurelia”, dove l’artista invita ad abbandonarsi alle sue deviazioni mentali, integrando melodia ed angoscia, utilizzando arpeggi che fanno viaggiare lontano, fino ad arrivare al doom che chiude “The Mammoth” in maniera devastante, o a quella totale desolazione proposta dalla melodia finale di “Aurelia”. La conclusiva “Come Waves”,  monumentale canzone di oltre quattordici minuti, apre in forma quasi epica, e si evolve in molteplici forme, confermando le spiccate doti di songwriting dell’artista, capace di scrivere musica mai prevedibile, sempre stupefacente, la quale riesce a far trascorrere i minuti velocemente, anche quando il pezzo è particolarmente lungo. Un album ricchissimo di spunti ed idee, suonato in maniera perfetta, con chitarre meravigliose ed un drumming sempre poderoso, materiale che va oltre le banali classificazioni quali “death” o “doom”. Le componenti progressive, senza mai annoiare con eccessi di complessità tecnica sono palesi, e rendono il disco estremamente godibile, estremamente oscuro, ed assolutamente imperdibile.

(Luca Zakk) Voto: 8/10