(Black Widow Records) Joe Hasselvander ritorna a farsi sentire con un album esplicito, già dalla copertina che lo racchiude. C’è qualcosa che riporta alla mente i Black Sabbath. La storica band di Birmingham la si percepisce anche nel sound doom, ma fortemente legato ai suoni degli anni 70 e alle prime forme dell’hard rock/heavy. “The Ninth Hour” è un album che attinge dal passato, da quel passato che ha generato tanti figli e Hasselvander (ex batterista dei Death Row, Raven, Pentagram) è uno di questi. Tuttavia Joe non è uno smidollato, ma è un figlio maturo, sincero, polistrumentista e ormai pienamente in grado di camminare con le proprie gambe. Ecco che “The Ninth Hour” sviluppa una serie di canzoni che funzionano davvero bene e sono in grado di scavalcare il debito con i Black Sabbath. In particolare l’intensa, dolce e inquietante “Restless Soul”. L’oscurità regna perenne in questo album e l’inquietudine serpeggia ovunque, sia nella lasciva “Salem”, nella incantata “Coming of the King” che nella tanto metal “Heavier than Thou”. Sette sorelle. Sette spose nere e malinconiche. Sette gemme orride e sinistre. Spicca anche l’ottimo lavoro alle tastiere di Paolo Negri (Wicked Minds), un uomo che inventa scenari e mondi che gravano in questo universo della nona ora. Un album sinceramente bello e capace di stregare.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10