Opmaak 1(Napalm Records) Prendiamo dello stoner, ma anche del sano southern… magari anche del dark blues. Aggiungiamoci una voce polverosa, opaca, ai confini tra il grezzo spinto ed il growl tenebroso. Risultato? Il terzo album di questa band del Kansas! Lo dice la presentazione stessa: barbe lunghe, incolte e tanto -tantissimo- sudore. Amplificatori torturati, riff possenti e fumosi, esaltazione dei toni bassi, frequenze bassissime, uno sguardo al blues, uno al rock’n’roll. Formula pazzesca che si materializza come un macigno, una mazzata, un grumo di materia sporca, maleodorante e maledettamente pesante la quale viene scaraventata senza pietà sull’ascoltatore. Un ascoltatore che, quando osa mettere alla prova la band dal vivo, ne esce demolito, massacrato, frantumato! Le undici traccie sono tutte esaltanti e dolorose, con una stupenda parentesi rappresentata da “The Little Sparrow”, dove il rauco singer si esibisce su un tetro spoken contornato da un basso dannato che rende il pezzo intenso, profondo e deliziosamente malato. Un disco che a volte inneggia a grandi nomi (Black Sabbath?) e che rende inutili i selettori di destra di qualsiasi equalizzatore, annullano la luce, ma scuotono la terra, i muri, il tetto, annientano tutto ciò che sta attorno e che può risultare pericolosamente sensibile a vibrazioni subdole e incessanti. Un terremoto musicale nel nome dell’oscurità più impenetrabile.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10