coptheslowdeath(Chaos Records) Gli australiani The slow Death avevano già incrociato la mia strada di recensore (con lo split recensito QUI), e onestamente non mi avevano troppo entusiasmato: il loro terzo full-“length” si fa anzitutto notare per la durata spropositata (75 minuti divisi su sei brani), ma potrà convincere diversi estimatori del doom più rarefatto e tombale. “The Chosen ones” sono oltre 11 minuti di estatica sofferenza, rallentati al massimo delle possibilità del doom: funziona soprattutto l’alternanza fra voce maschile e femminile. “Severance” mette in scena attonite decadenze, con un mood generalmente più pesante e disperato, a tratti ai confini con lo stoner; poi però il quarto d’ora di “Perpetuate” finisce per riprendere le stesse strutture sonore dei primi due pezzi. La titeltrack è soltanto un breve intermezzo ambient utile a rifiatare; “Declamation” sfiora i venti minuti, quasi tutti fondati su sonorità gotiche, molto lente e ammalianti (ma in fin dei conti un po’ ripetitive), intervallate da un paio di accelerazioni doom/black che scuotono nel profondo. Maggiore interessa desta la conclusiva “Adrift”, oltre 17 minuti, con un riff portante che rimonta alle origini del genere, e un paio di passaggi che potrebbero definirsi epici. Sì, alla fine confermo la mia impressione di qualche tempo fa: una band abbastanza interessante, ma non certo fondamentale.

(René Urkus) Voto: 6,5/10