(No Colours Records) Black possente che tuona dalla fredda Siberia. Storia tormentata per i Theosophy, nati nel 2004, ma capaci di attivarsi solo tre anni dopo. Però non si sono persi d’animo e questo album è il quarto in carriera, e la seconda parte del capitolo aperto nel 2014. Il sound è interessante, in quanto ha alcune componenti death o blackned death, tipico dell’est, senza però perdere il filo del puro black, il quale ha svariate influenze nordiche, influenze che toccano un po’ gli Immortal, specie relativamente a certe linee vocali, ma anche il black più melodico o sinfonico, tipo vecchi Dimmu Borgir, ma aggiungendo molto groove e linee di basso aggressive. “Slaves of Destiny” è subito graffiante e non manca di offrire riffing letali di provenienza death. Più elaborata “Forces of Death”, molto ben suonata e mixata in un modo tale che tutta la band è giustamente esaltata. Trionfale e vagamente epica “At the End of Life”, anche grazie a delle keys più presenti, mentre è deliziosamente black-thrash la travolgente “My Hatred in My Hands”. Oscura “I Saw a Star”, spietata “Buried in My Grave”. Echeggiano gli Immortal, e non solo per il titolo, su “Up to the Mountains”, mentre “Route to Light (321)” ha un qualcosa che ricorda molto i Satyricon. Non sono esageratamente originali, anzi, e l’album è un po’ corto (poco più di mezzora), ma contenente un buon black a tratti tirato, senza essere snervante, anche grazie a brani sostanzialmente corti, diretti e non troppo impegnativi. Tutto sommato un black ricco di riff, di energia, di parti cadenzate e melodiche anche grazie alle keys, che non rubano lo spazio alla violenza sonora, non pretendono essere dominanti, anzi, contribuiscono ad elevare Pathos e la resa generale di un album piacevole, coinvolgente e pieno di oscura freddezza.

(Luca Zakk) Voto: 7/10