copthrall(Moribund) Una stupenda copertina rappresenta il cancello conduce all’esperienza mortale all’insegna della pura misantropia esposto dalle tematiche di questo oscuro disco. Tematiche orientate al concetto della foresta del suicidio (come sembra significhi il titolo) le quali vengono esaltate da un canzoni intense, emozionali, ricche di dinamismo, potenza e malvagità intrinseca. Otto tracce per un totale di tre quarti d’ora di devozione al vuoto, alla negazione di tutto ciò che noi mortali crediamo vero, duraturo, vivo. Una discesa senza fine esposta dalla prima all’ultima traccia, dove il black metal trova il modo di farsi coinvolgere da concetti doom ed in certi casi anche death. I pezzi hanno sempre dei riff perversi, osceni, diabolici… sia quando il tutto risulta meno veloce e più orientato ad una drammaticità estrema, sia quando la velocità del tempo parla il linguaggio dei blast beats. Brutale e spietata la opener “Longing For Death”, capace di unire un riffing furioso con ritmiche grintose e devastanti. La title track è profonda, lacerante: non vanta ritmiche estreme, ma la pesantezza e la solennità di questi sette minuti di devozione verso le tenebre sono fantastici. Velocità e violenza, ma con un finale funereo sulla bellissima “Of Hate” seguita da “Its Toothless Maw”, un autentico capolavoro di passione e condanna. Caratterizzato da riff tuonanti, supportato da linee di basso ricche di energia e dinamismo (a metà canzone questo strumento emerge facendo sentire la sua ricchezza in maniera perfetta), da un drumming preciso ed un cantato devastante, questo pezzo è forse il miglior risultato dell’intero album, e quegli inserti melodici genialmente integrati nel riffing selvaggio garantiscono un’atmosfera avvincente ed uno sviluppo della canzone irresistibile. Furioso death metal con “Ubasute” e di nuovo atmosfere ricche di emozioni con “The Pact”, un pezzo incalzante dove certi concetti death, black e doom vengono evidenziati in un unico banchetto alle porte degli inferi. Infierisce sulla tortura il finale imponente rappresentato da “Slaves”, un pezzo che ha una facciata che è trionfo della decadenza, mentre l’altra è rabbia, furia, condanna e totale annullamento. Il terzo album degli Australiani Thrall è mostruoso, imponente, sconvolgente. La malattia che diffonde la sua riproduzione è terminale ed estremamente contagiosa. Un costante inno alla glorificazione della fine, dell’autolesionismo, dell’annullamento dell’individuo. Malvagi, estremamente malvagi.

(Luca Zakk) Voto: 8/10