(Trollzorn Records) Il pregio della coerenza, il difetto della staticità: forse possiamo riassumere così, in poche parole, l’esito del sesto album dei Thrudvangar, che mancavano sulle scene ormai dal 2013. I tedeschi suonano ‘classico viking metal’, magari tendente al black: nulla di più, nulla di meno, quindi se siete amanti del genere potete comprare a scatola chiusa, sapendo esattamente cosa vi offrirà questo “Vegvisir”. Impostata, stentorea e veloce, ma decisamente non originale, “Wächter der Brücke” (‘Guardiano del Ponte’, con un evidente riferimento a Heimdall e Bifrost); dalla chiara matrice black “Ran”, dedicata alla divinità marina della mitologia norrena, mentre “Siegvaters Maid” (‘Fanciulla del Padre della Vittoria’, cioè in breve… valchiria) riverbera degli Amon Amarth meno torrenziali. “Sturm aus Eisen” (‘Tempesta di Ferro’) è caratteristica del sound dei nostri: un brano rabbioso, potente, radicalmente vichingo, ma decisamente sentito molte volte nei dischi di Manegarm, Thyrfing o del Bathory era “Blood Fire Death”. “Für die Ewigkeit” (‘Per l’Eternità’) getta nel disco qualche sprazzo di melodia, e “Fardregnir” qualche suono più ammiccante e moderno; la disperata canzone conclusiva, “Alles was bleibt” (‘Tutto ciò che resta’), è cantata in clean da Matze, per uno sprazzo di eterodossia che non cambia gli equilibri del disco. Fedeli a un modello, i Thrudvangar vanno stentorei per la loro strada; a voi scegliere se seguirli o meno su un sentiero già battuto.

(René Urkus) Voto: 7/10