(Season of Mist) I Newyorkesi Tombs non prendono prigionieri. E a tre anni dal ‘grande annientamento’ tornano con ben poche amichevoli intenzioni. Dentro quest’ora di musica ci infilano tutto quello che è assimilabile a rabbia e violenza. Coinvolgono una manciata di ospiti e danno vita a dodici brani i quali trasudano un senso di fine assoluta priva di alcuna speranza… e questo a partire dai titoli dei brani. I Tombs sono cambiati rispetto al recente passato: è rimasto solo il front man Mike Hill (Vasilek, ex Otis, ex Anodyne, ex King Generator, ex Versoma) e alla line up si sono aggiunti il chitarrista Matt Medeiros (Kalopsia, Ruinous), il bassista Drew Murphy (Hammer Fight, Kalopsia) ed il batterista Justin Spaeth (Abacinate, Hammer Fight, Kalopsia, Putrascension) il quale si occupa anche di chitarre ed elettronica a fianco di Hill. Un album che non è quindi firmato dal solo leader, un album curato a quattro mani, senza ovviamente contare gli interessanti apporti dei vari ospiti. L’oscurità che “Under Sullen Skies” è magnetica, travolgente, spiritata. “Descensum” è un perfetto esempio di distorsione crudele di qualsivoglia spirito vitale. “Bone Furnace” è un assalto letale, roba che solo i Sodom -oltre ai Tombs- sanno mettere in piedi in maniera efficace. C’è perversione diabolica negli arrangiamenti di “Void Constellation”, brano che gode dell’assolo di Andy Thomas (Black Crown Initiate), mentre il singolo “Barren” è un black metal pungente con il bellissimo assolo di Ray Suhy dei Six Feet Under. In molti album ci sono brani che spiccano, che si rivelano geniali, non importa se poi sono stati scelti come singoli o meno, ma sono indubbiamente brani che hanno quel mordente in più, sono brani che da soli valgono l’acquisto del disco… o del biglietto di un concerto: sto parlando della colossale “The Hunger”, un invito verso un headbanging mortale, roba che ricorda una versione moderna di Sodom e Motörhead, un brano con un refrain qui affidato a Dwid Hellion (Integrity). Ipnotica, tetra e dannata “Secrets of the Black Sun”, un brano inneggiante al death più subdolo con Sera Timms (Ides Of Gemini, Black Math Horseman) come voce ospite, si va invece verso il metal classico che si fonde con deviazioni in stile Voivod sulla contorta “Descensum”. Pesantissimo l’intro “We Move Like Phantoms”, il quale conduce al black di stampo elettronico e melodico di “Mordum” (ospite la chitarra di Todd Stern, Psycroptic) seguito dal trapano che trivella il cervello dell’inquietante “Lex Talionis”. Con “Angel of Darkness”, Hill & compagni si sono impegnati molto: un brano glaciale introdotto dalla recitazione di Cat Cabral (un’attrice esperta di occulto ed esoterismo), un brano che dipinge davanti agli occhi scenari rovinosi, pianeti privi di vita e cosparsi dalle ceneri dell’ultima catastrofe; il brano vanta arrangiamenti elettronici non scontati, mentre le linee vocali sono arricchite da Paul Delaney dei Black Anvil. “Sombre Ruin” è un post doom post apocalittico il quale fuoriesce da inferi privi ormai di vita mortale, prima dell’emblematica ed ‘attuale’ “Plague Years”, un pezzo che riesce a riservare delle inaspettate sorprese. Molti dischi vengono pubblicizzati con citazioni prese dalle più svariate recensioni, testi presi dal mondo digitale o cartaceo e provenienti da ogni angolo del pianeta. Alcune frasi sono complesse, altre suggestive, alcune provocanti. La mia dichiarazione relativa a “Under Sullen Skies” è molto più diretta: “Una Mazzata Micidiale!”

(Luca Zakk) Voto: 9/10