(AOP Records) Qui si esagera! Davvero! L’album di debutto di questa band di Tel Aviv è una cosa pazzesca… non tanto per l’ottima musica, gli ottimi brani ed un generale coinvolgimento… piuttosto per l’assurdo paniere di ospiti che popolano questi brani! Davvero, non si tratta del solito paio di guest ben pagati, si tratta invece di una lista di invitati da far invidia a progetti quali Avantasia e Ayreon! Per capire l’entità della cosa, tale lista va svelata per intero: Aaron Stainthrope (My Dying Bride), Greg Mackintosh (Paradise Lost), Jeff Loomis (Arch Enemy/Nevermore), Fernando Ribeiro (Moonspell), Spiros Antoniou (Septicflesh), ìSakis Tolis (Rotting Christ), Mikko Kotamaki (Swallow The Sun), Kobi Farhi (Orphaned Land), Anders Jacobsson (Draconian), Shlomi Bracha (Mashina) e Lisa Cuthbert (anche session per The Sisters Of Mercy). Ok, la band di provenienza Israeliana non si è mai riposata, non ha mai dormito la notte, se consideriamo che negli ultimi due anni ha suonato con molte bands note (oltre a quasi tutte quelle dalle quali provengono gli ospiti, anche mostri sacri come Kreator o acts particolari come i Tribulation), ma questo abuso di terze parti è davvero troppo, tanto che la già nutrita line up di base (sei elementi) quasi si stravolge con questa quantità infinita di ospiti. Ed è qui che nasce il dilemma: così facendo la band ci guadagna o meno? I brani sono sicuramente ottimi, stupendi… ma viene da chiedersi quanto sia dovuto agli invitati… e quanto rimanga alla band su un palco senza nessun aiuto esterno. Questo perché i brani sono molto validi ma questo loro status lo raggiungono godendo di un notevole extra da parte ospiti o… tanto che è facile immaginare una mancanza di sostanza di base, brani che non riuscirebbero altrimenti ad emergere dal mucchio. Questo è un terribile dilemma, in quanto resta il fatto che “Hollow” appare favoloso, coinvolgente, musicale, melodico, dannatamente oscuro. Un bellissimo gothic doom con pesanti collegamenti agli anni ’90… tuttavia esaltato proprio dagli ospiti. Pezzi come “Misery Rain” cancellano la potenza profonda del vocalist, perché è qui affiancato da Fernando Ribeiro (Moonspell) e Mikko Kotamaki (Swallow the Sun). “In the Corner of a Dead End Street” è favolosa, ma è innegabile che Greg Mackintosh, dei Paradise Lost, aggiunge molto. I Tomorrow’s Rain hanno tentato il colpo grosso: avranno anche composto tutto loro, ma c’è un forte rischio che il disco diventi un disco dei guest con ‘sotto’ la band. E questo non va bene, non dovrebbe essere così. Magari evitando di mostrare una certa capacità di portafoglio (gli ospiti non sono gratis) e credendo più in se stessi, i Tomorrow’s Rain avrebbero molto più da offrire. “Hollow” rimane un album stupendo, da ascoltare con piacere… ma resta il famoso dubbio relativo al sacco dal quale viene la famigerata farina…

(Luca Zakk) Voto: s.v.