(Non Serviam Records) Gli svedesi Trident hanno fatto passare ben dieci anni dal precedente album, quello che fu il debutto. Con alcuni cambi di line up, nuovo vocalist e anche nuovo bassista, ovvero Anders Backelin (ex Lord Belial), il quintetto di nordico ha voluto imporre il suo stile in un contesto dalle sonorità anni ’90… con un clima di purezza stilistica, libertà espressiva… fino a testi che trattano di quel viaggio interiore attraverso i sogni di un individuo, mantenendo legami con un’antica saggezza ed una discendenza pregna di maledizione. Più che blackned death metal, come riportato in ‘etichetta’, i Trident si lasciano andare ad un black metal in stile svedese, con vari spunti ed influenze tipiche del death metal di quel paese, aggiungendoci comunque una quantità immensa di melodie, eseguite da una dominante chitarra solista, la quale non solo materializza leaks furiosi, ma anche assoli intelligenti ed arpeggi irresistibili. Suggestiva e dannatamente melodica “Death”, ma anche grintosa, incalzante, quasi marziale. Più tirata e marcatamente black “Imperium Romanum”, ed è bello sentire come gli innesti melodici riescano ad essere trasportati da una ritmica impetuosa. Spunti epici su “Summoning”, esaltante e ricca di spunti coinvolgenti “Pallbearers Hymn”, irresistibile il break down di “Final War”. Contorta e curata “Possession”, diabolicamente provocante la title track prima della conclusiva e lunghissima “Schaman”, canzone che nei suoi dieci minuti riesce ad evocare svariate atmosfera, da quella più brutale e malvagia, fino a quella più atmosferica e vagamente folk. I brani, visto il genere, sono forse un po’ troppo lunghi (ultima canzone a parte, tutte le altre sono quasi sempre tra i sei ed i sette minuti), perdendo forse un po’ di impatto o mordente a favore di una lodevole esibizione tecnica. Tuttavia è indubbiamente un album avvincente, potente, ricco di dettagli, molto ben suonato e registrato, capace di divulgare i suoi segreti ascolto dopo ascolto.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10