(Eisenwald) Terzo album e importante cambio di line up per gli americani Uada. C’è un nuovo batterista (Elijah Losch anche nei Luctum, Forsaken Eternity, Orator…) e c’è un nuovo bassista, Nate Verschoor, ovvero Niðafjöll, la mente dei Veiled (nei quali si affianca a Dimitri ‘Dimman’ Jungi, anche batterista dei Grá). Ma la radice rimane invariata, ci sono sempre James Sloan e Jake Superchi, i quali compongono e fanno crescere questo progetto emerso dagli inferi dell’underground quattro anni fa in occasione del debutto (recensione qui), e poi affermatosi con l’ottimo “Cult Of A Dying Sun” (qui). Il nuovo album è pregno di oscurità, è puro black ricco di atmosfera ed auree minacciose con un dinamismo ed una personalità tali che nessuno potrà -finalmente- più dire che questa band è la copia americana dei polacchi Mgła. La title track apre con una poderosa melodia, penetrando poi in profondità in una divagazione sonora eccitante, con linee di basso carnali, un drumming incalzante, inoltrandosi su teorie metal dal sapore classico con voce growl e corali capaci di instaurare un clima suggestivo. Black di vecchio stampo con arricchimenti moderni annegati dei miasmi di nebbie impenetrabili con “The Great Mirage”, mentre la lunghissima “No Place Here” ambisce ad un mondo più vasto: sfuriate di black melodico, scintillanti accenti melodici, un groove irresistibile, rallentamenti maliosi, teatralità avvolgente e dissonanze tipiche del black francese. Barlumi di viking e folk, oltre a tanta rabbia disperata su “In the Absence of Matter”, altro brano con cambi di impostazione che virano ad un metal più classico fino ad un epilogo dal sapore epico. Introspettiva, vagamente post black e decisamente progressiva “Forestless”, canzone che cresce in direzione di una insistenza deliziosamente ipnotica, prima della conclusiva “Between Two Worlds”, altra traccia molto lunga (quattordici minuti!) la quale esplora abissi invasi dalla maledizione, un turbinio sonoro spietato e coinvolgente, pieno di accenti piacevolmente irregolari, un finale inaspettato… tutti fattori che arricchiscono di meravigliosi dettagli, sempre più gustabili ascolto dopo ascolto. Gli Uada sono cresciuti, sono maturati, hanno acquisito un’identità e sanno dar libero sfogo alla creatività, all’ingegno artistico, tanto da essere in grado di creare dischi black metal con un doppio legame: da una parte il black intenso e provocante, radicato in un determinato passato, dall’altra un fattore melodico -quasi virtuoso- che rivela anche una grande capacità esecutiva. L’unione dei due fattori offre un miscela sonora contemporaneamente storica e genialmente moderna!

(Luca Zakk) Voto: 9/10