(Massacre Records) Autori di un rock che sporadicamente tocca il metal e questo aspetto non è affatto un punto a sfavore, i tedeschi Unherz sono al nono album in dodici anni. I musicisti teutonici usano da sempre il loro idioma e “Sinnkrise” non fa dunque alcuna eccezione. Un’atmosfera calda, a tratti riflessiva ma spesso passionale, per questo rock che ha un suo evidente valore. Non sono canzoni ruffiane, non posseggono, quasi tutte, ritornelli scontati o sbarazzini, per esempio nella title track vige un riff energico ma portato avanti con una certa grazia. La title track è docile, sognante e ospita alla voce Jean Bormann (Rage), il quale è anche in “Löwenherz”. Quest’ultima, posta in apertura dell’album, è spedita e possiede un riff dannatamente heavy che lascia quasi credere che gli Unherz proporranno ciò durante l’album. Succederà ma la band è principalmente votata al rock. Il cantato di Felix Orschel, anche chitarrista come Andreas Arnold, risulta vissuto, sdrucito, molto roco ma a un giusto livello. “Als gäbe es kein Morgen mehr” che segue la title track funziona anche meglio rispetto alla canzone che offre il titolo all’album e probabilmente dal vivo esorterà la platea a cantare dall’inizio alla fine. “Es ist an der zeit” è soffice, lenta ed è cantata da Richard Jung (ex The Busters) e Jessica Conte (Glanzmomente). La seguente “Ich lebe” alza e abbassa i toni. Ruggisce e sussurra, in un’altalena di suoni e atmosfere. “Sinnkrise” è semplice, colmo di una spontaneità volta a creare vere canzoni che abbiano una loro storia e stile. In redazione abbiamo ascoltato in passato gli Unherz verso i loro inizi, cioè per il secondo e terzo album, QUI e QUI.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10