(Belfry Records SL) Etichetta spagnola per questa band americana, la quale con moniker e titolo del disco di debutto rende molto ben chiaro il genere proposto: puro depressive black metal, quello più incisivo, più letale, quello più votato al suicidio. Un DSBM lento, pesante, pieno di urla strazianti, immensamente lacerante, sulfureo fino all’auto tortura, quello che raramente può essere concepito da una band nel senso stretto del termine, ovvero un collettivo di musicisti. No, un tale livello di dolore può essere frutto solo di uno o massimo due elementi deviati… ed in questo caso abbiamo le grida di John Suffering e l’intera dimensione musicale di Miguel Galindo; i due, pur non inventando nulla di nuovo, ricamano in maniera eccellente gli stilemi del genere, rendendo tutto immensamente teatrale, prodotto in modo tale da risucchiare il respiro… la vita stessa dell’ascoltatore. Riff lenti, drumming marziale e pulsante, linee di basso calde per chitarre cinicamente fredde…. con il vocalist che sembra ululare il suo dolore dal fondo di un mortale pozzo… senza fondo! Brani come “Agony and Despair”, l’esplicita “The End Is Near”, la disperata “Unheard Cries” o la glaciale ma suggestiva “Cold Existence” altro non fanno che confermare questo totale ed sublime disagio, il quale si manifesta con durate importanti arrivando spesso oltre i nove minuti e lyrics che sono la sintesi della afflizione assoluta, di quelle richieste di aiuto che si disperdono nel vento, nella solitudine, nella vita che lentamente lascia il posto all’immobilità della morte. In questa torrido estate, mentre dilaga la felicità delle vacanze, dei festival open air, del tempo libero e dei tramonti a tarda sera, ecco che Utter Failure rovinano ogni forma di spensieratezza, con il loro eterno flagello, con quel vento siderale privo di luce, privo di speranza, e definitivamente privo di vita.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10