(Black Widow Records) Torna una delle primissime formazioni heavy metal del nostro paese! In giro da una vita, dal ’79, quando si facevano chiamare Vanessa. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti… e ne sono successe di tutti i colori: cambi di line up, scioglimenti, pause, ritorni, i Saxon che scopiazzano una loro canzone… e come sempre quando sei un metallaro in Italia, eccoti a fare l’emarginato costretto a costruirsi una carriera contro tutto e tutti. Negli anni recenti, finalmente, le cose sono tornate a funzionare, gli astri si sono allineati… e quasi quaranta anni dopo esce l’ottimo “Too Heavy To Fly”, album, del 2016 (recensione qui), al quale fa seguito questo nuovo lavoro, questo “The Last In Black”, facendo pasare altri cinque anni ma finalmente con una line up stabile, immutata, la quale vede tra gli altri il Ranfa alla voce (G. Hughes, Jan Paice, B. Marsden J. Lynn Turner) e Pier Gonella alla chitarra (Necrodeath, Mastercastle e Labyrinth)! “The Last In Black” è più curato, più intenso, più tecnico, melodico, più ricco di dettagli, pur rimanendo diretto, impattante, un album di heavy metal puro, vero, schietto e poderoso! La title track in apertura carica di energia, di voglia di far casino, alimentando quel senso di ribellione che il rock sembra aver dimenticato adattandosi a ‘regole’, alla ‘nuova normalità’, alle ‘cose comprovate’. Graffiante ed introspettiva “My Grave”, con la sua tematica sociale legata alla piaga della la violenza domestica, mentre “Earthquake” sembra abbracciare epoche e generi diversi, con il suo sentore southern e quella impostazione heavy rock settantiano… ma anche ottantiano e pure moderno! Accattivante e ricca di groove “No Salvation”, intima e malinconica la favolosa ballad “Perfect!”, una traccia con una crescente attitudine heavy verso il finale, coronata anche da uno stupendo assolo. Il nocciolo heavy viene inglobato nelle irresistibili stranezze progressive di “Armless”, uno dei brani che più rivela la crescita creativa di questa band storica. Torna l’heavy d’assalto con l’oscurità emanata da “Dr. Strange”, emerge molta melodia ricercata sulle ritmiche tecniche di “Dead Man Walking”, brano intenso, una power ballad con una chitarra provocante, virtuosa, coinvolgente. C’è sentore hard rock anni ’80 su “Like A Mirage”, mentre il metallo si fa rovente con l’avvincente e nervosa “I Don’t Care”, prima della conclusiva, velocissima e scatenata “Hiroshima”. Metallo bollente. Heavy metal ricco di passione. Heavy metal fino alle radici, fino all’osso, colato nel sangue. Diavolo, delle bands come questa forse hanno gettato la matrice, lo stampo! Davvero, non ne nascono più di bands come i Vanexa… forse mancano gli attributi a certi artisti delle nuove generazioni. Ma noi siamo fortunati, i Vanexa tengono il volume a palla, sono qui, in Italia, fuori dalla porta di casa!

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10