copVattnet-Viskar(Century Media Records) Secondo album degli americani “l’acqua sussurra” (questo è il significato del moniker concepito in svedese): una band giovane, concepita nel 2010, impegnata in un post black molto atmosferico, ricco di accenti melodici annegati in una decadenza assoluta, con linee vocali macilente e feroci, le quali ricordano un po’ i Forgotten Tomb e gli Isis. La componente “post” arricchisce molto il sound, avvicinandolo ai territori occupati da acts quali gli Isis, appunto, ed i Cult of Luna, qui ovviamente appesantiti da una impostazione molto più oscura e feroce. Un black dove la furia e la velocità, anche se piacevolmente frequenti, non sono dominanti, garantendo spazio a varianti atmosferiche e suggestive. Fantastica l’idea che ispira musica, testi e l’intero concetto: la copertina. O, meglio, ciò che ha ispirato la copertina stessa, la foto di Christa McAuliffe (che veniva alla stessa città del chitarrista), l’insegnante americana morta nell’esplosione durante il lancio dello Space Shuttle Challenger nel gennaio del 1986, 73 secondi dopo il decollo. La copertina, al confine tra l’assurdo e l’impossibile racchiude sensazioni strane, estreme, deviate, le quali si riflettono sul sound di queste otto tracce che descrivono emozioni, sogni, incubi, sempre davanti alla consapevolezza che non tutto va sempre come ci si aspetta ma con la costante voglia di andare oltre, di toccare il prossimo traguardo. Intensa la opener “Dawnlands”, veloce e imprevedibile “Colony”, riflessiva “Yearn”, furiosa “Impact”, complessa “Heirs” e suggestiva la title track. Una così strana ispirazione non poteva che dar luogo ad un album strano, ma molto valido, coinvolgente, intenso, curato e ispirato. Non è un black scontato, non è il solito schema: un album con influenze miste ben gestite, una produzione stupenda ed una resa globale che garantisce intensi stati di allucinazione. Probabilmente paragonabili a quelli dei musicisti che l’hanno concepito.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10