(Neverheard Distro) La band è ungherese e nasce come Ravenshades per via dell’unione di musicisti con un passato abbastanza importante. In particolare c’è M. alla chitarra e Knot alla batteria , dei black metaller Witchcraft, recensiti di recente, e il cantante Jim Jones dei Kolp, altra formazione in orbita black metal. Completano la line up Paga, altra chitarra, e Major al basso. I Ravenshades realizzano diversi demo, ma adesso hanno un nuovo nome e un debut album.Tutti i musicisti dei Veér provengono da situazioni black metal o suoi derivati e infatti “The Measure of Waste” è proprio questo, cioè un album di black metal ma derivato dal genere. Un qualcosa alla ultimi Satyricon (l’incipit di “Plug the Trigger” ricorda proprio loro) o come i Khold. A poco servono quelle partenze con blast beat e atteggiamento classico, come in “Praise Be to Roach” oppure nella parte finale di “Novaya Zemlya”, con cantato alla Attila Csihar. I Veér sono più inclini ad un sound intriso di groove, di atmosfera dannata e allo stesso tempo sempre ritmata e vivace, pur non mancando momenti decadenti come il low time di “Flesh Dominates”, almeno nella sua prima parte. Se le prime canzoni rivelano una band che tende a variarle inserendo parti di black canonico alle andature dark e black ‘n roll, il clima nella seconda parte diventa più ruvido, qualche accelerazione in più, oltre a qualche ripetizione stilistica in eccesso. I Veér non sembrano tenere alta la qualità o l’inventiva per tutto l’album. Credo sia il limite principale di questa band ungherese che in sostanza è collocabile nello stesso filone delle due norvegesi nominate in precedenza. Un black metal annerito e meno violento, giocato sulle ombre, le sfumature, gli innesti doom, i riff thrash metal. Tante cose, ma non del tutto amalgamate ancora.

(Alberto Vitale) Voto: 6/10