(Eisenwald) Molto impattanti anche se poco prolifici gli americani Velnias, i quali giungono al terzo album dopo ben otto anni dal precedente (ne trascorsero comunque quattro tra il debutto, recensione qui, ed il secondo lavoro). Ma i migliori piaceri sono quelli che si fanno attendere, desiderare, creando un alettante e stuzzicante stato d’ansia, tanto che questo “Scion Of Aether” è un’entità astratta, eterea e dannatamente potente, capace di stimolare una intimità post metal deliziosa. Il genere suonato è forse criptico da definire: c’è l’oscurità del black metal, c’è l’eccentricità del post (black) metal, c’è tanta atmosfera, ambientazioni soffocanti, oscurità, ma anche tanta melodia, fino al punto che -probabilmente- persistono pure dei rimasugli di teorie folk. Porta verso ambienti meravigliosamente tetri “Fissures Within The Construct”, mentre “Pariah Of The Infinite” svela tutta l’essenza della band in un brano contorto, complesso, lungo e ricco di varianti sempre dominate da una tinta oscura e decadente. Più pesante ma anche più melodica “Aurora Rune”, ricca di inquietudine e spunti riflessivi “Supernal Emergent”, completamente deviata e ricca di evoluzioni la conclusiva “Oblivion Horizon – Null Terminus”. Tecnica contorta e teorie progressive che comunque danno vita ad immagini ricca di essenziale naturalezza: vallate, montagne, scenari tanto incantevoli quanto crudeli. Un album con la tuonante rabbia di un black occulto e nebbioso, quasi di matrice francese, ed una tecnica sublime, intricata e sempre avvincente. Gli Velnias ignorano le regole, sfuggono gli standard, dando vita a cinquanta minuti di impenetrabile oscurità scandita da dipinti sonori superlativi!

(Luca Zakk) Voto: 9/10