(Shadow Kingdom) È sempre un peccato dover parzialmente stroncare un album che potenzialmente avrebbe tutte le carte in regola per piacere. Quello strano senso di incompiutezza che affiora nonostante la professionalità con cui è stato realizzato. È questo il caso di “No Warning”, terza release degli statunitensi Venomous Maximus. Le caratteristiche per esaltarmi ci sono tutte: il sound ancorato negli anni ’70 ed ispirato a Black Sabbath e Judas Priest, un mood darkeggiante piuttosto spiccato, la produzione decisamente corposa ed un cantante dotato di una voce particolare. Eppure i brani, pur essendo in sé piacevoli non riescono ad incidere, a rimanere in testa nemmeno dopo vari ascolti. Innanzitutto la voce di Gregg Higgins, punto di spicco principale del gruppo, alla lunga si rivela essere anche il limite principale. La timbrica, a cavallo tra Ozzy e suggestioni gotiche, è sicuramente originale, ma latita di quel carisma unico proprio del Madman, diventando monotona dopo un paio di brani. Se aggiungiamo anche che, su dieci brani, due sono intermezzi elettronici senza né arte né parte che più che far salire l’attenzione fanno salire la sonnolenza, uno è un interludio acustico (pregevole, a dire il vero) e l’ultimo brano si interrompe a metà per riprendere nell’ultimo minuto, l’impressione che le idee latitino si fa largo a spallate. Peccato, perché gli strumenti in mano li sanno tenere, e la produzione è dirompente, ma questo non basta a salvare “No Warning” dall’essere messo da parte a prendere polvere.

(Matteo Piotto) Voto: 5,5/10