copvipersolfa(Massacre) Ciò che conquista da subito in “Carving an Icon”, o almeno è stato così per chi scrive, sono gli inserti vocali di Sfinx, ovvero Miriam Elisabeth Renvåg (Ram-Zet), nelle trame vocali di Ronny Thorsen e nel tessuto veloce e dinamico degli altri della band. Il debutto della formazione norvegese segna un nuovo capitolo nel metal di oggi, cioè quell’ibrido continuo tra più stili e sfumature, che ormai sono la base dei sound di molti e a volte a discapito delle canzoni, cioè del saperle veramente costruire e scolpire nella testa dei più. I Vipers creano delle situazioni piacevoli: la doppia voce dà i suoi buoni risultati, poi il blackaned, symphonic e melodic metal sono gli spazi in cui il drumming volubile e costruito di Bjørn Dugstad Rønnow, membro dei Trail of Tears insieme al bassista Endre Moe, e le chitarre di Morfeus (Mayhem, Limbonic Art, Dimension F3H) si muovono e costruiscono questo sound che alterna velocità black a fasi sinfoniche e andanti. La produzione di Terje Refsnes (Tristania, Carpathian Forest) ha poi fatto il resto, rendendo “Carving an Icon” un lavoro pulito, potente e moderno. Firma la copertina Marcelo Vasco (Machine Head, Dimmu Borgir, Borknagar. L’uscita per la tedesca Massacre potrebbe segnare una notorietà importante per questa band fatta di musicisti rodati, ad esempio vi si ricorda che Ronny Thorsen ha avuto i suoi trascorsi nei Blood Red Throne, Trail Of Tears e Natt. Gente che messa insieme mette sul piatto un bagaglio variegato. Le canzoni? “Dranged” come opener ha il suo impatto, ma la seguente “Funeral of Kings” riesce a mostrare una dimensione sonora fatta di sfumature e di un symphonic blackened metal con momenti davvero particolari. Piace “Vulture Kingdom”, ma in particolare per un riff pregno di groove e un’andatura che ricorda i Cradle Of Filth per il modo di suonare. “War of Zion” è un altro buon esempio di ritmi forsennati e non, con un riffing che si rende in crescendo oppure si stoppa in breakdown, riprese e via dicendo, per quella che è una canzone fatta con gran dinamismo. “The Viper Legion” si mostra accattivante per uno scivolare in atmosfere esotiche e tribali, ma viste e suonate solo attraverso un metal frizzante e comunque duro. Una menzione anche per “Shahanshah”, canzone di oltre sette minuti che richiede qualche ascolto in più, nonostante il sospetto che sia ‘solo’ pomposa è davvero forte. In definitiva ciò che trasmette “Carving an Icon” è l’appartenenza a un certo modo norvegese di evolvere i codici black metal, portandolo verso territori più o meno sperimentali e in un certo senso progressive e power.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10