(Architects Of Melody) Toccare le note giuste, ecco cosa hanno fatto i Viza negli ultimi due album, “Carnivalia” e “Aria” (rispettivamente QUI e QUI). Due esempi di world music mista a hard rock e folk, per la band che è risultata essere tra le migliori nel mondo della musica degli ultimi anni. Un supporto è arrivato anche dalla rispettosa amicizia e sintonia con Serj Tankian e Daron Malakian: i due System Of A Down hanno infatti collaborato nel tempo con i Viza o con alcuni membri della band. Dopo il precedente “Aria” (2014), però, è successo qualcosa, e infatti le poche novità che arrivano dalla band sono preoccupanti: un album solista per l’estroso cantante di origini greche K’noup – mentre tutti gli altri sono di origini armene, proprio come Tankian e i SOAD –, poi Orbel Babayan che prende a collaborare con Malakian e crea una propria band. Anche Andrew Kzirian, che suona l’oud, incide qualcosa da solo. Al netto poi delle situazioni personali, il tempo passa e, nonostante i Viza non si dissolvano, il loro silenzio diventa preoccupante. Poi l’annuncio: i Viza hanno una nuova canzone, anzi ne hanno diverse e ne pubblicano una ogni primo del mese nel proprio canale YouTube (LINK). Era il 1° agosto del 2017. Un modo per ritornare in pista, per carburare i motori, per svelare questo nuovo e atteso album nel quale manca Orbel – definitivamente migrato altrove per fare la sua buona musica – ma con un nuovo elemento al duduk, cioè Jivan Gasparyan Jr., e con Andrew Kzirian che oltre all’oud si cimenta nel sassofono, come seconda voce e gestisce la produzione con K’noup e il produttore Danny Rezaieh.

I Viza sono melodia, fruibilità, incanto, magia e un rock duro mostrato a sprazzi e ben impiantato nel tutto. Strumenti rock canonici, alcuni etnici, percussioni, un cantante che ha voce e carisma. “The Unorthodox Revival” è un lavoro preesistente perché svelato a puntate e pubblicato in due EP separati a febbraio e ottobre di quest’anno. Al di sotto delle aspettative, purtroppo: certamente non brutto, meno graffiante, meno eccentrico rispetto al resto della cospicua e sfaccettata discografia dei Viza. Ci sono i Viza di sempre in “Viktorious”, “Diabolical Angel” e nel geniale tributo a Tom Waits, “Tom Waits for Her”. Lo sono anche per le soluzioni soft, ma alcune francamente eccessive, come la semiballad “A World of Broken Mirrors” o la caracollante “Vicious Game”. Lo sono soprattutto per la loro proverbiale componente etnica e folk nella musica, presentata in maniera artistica, ma quanto ispirata come in passato? Purtroppo a questo “Vol. I&II” manca qualcosa. I Viza non hanno toccato le note giuste? Ne hanno toccate troppe, hanno puntato a canzoni strutturate tendendo in alcuni casi addirittura al prog, ma in chiave molto personale. Un esempio è l’atmosfera dolce e variegata di “Dancing Twig”: il riffing è solo ritmico, basico, che cede la ribalta agli strumenti tradizionali di Kzirian e Gasparyan, con il primo meno audace del solito nei fraseggi. L’asse ritmico di Alex Katcherian, basso, e Chris Daniel, batteria e percussioni, fa come sempre il suo onesto e proficuo lavoro. Si ritrovano le atmosfere dove l’Europa incontra l’Asia e su questo i Viza restano una band comunque originale, unica, ma in questa occasione meno convincente del solito.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10