(Aural Music) Altri cinque anni sono trascorsi, ma ora ecco arrivare il quarto, immenso lavoro degli italiani Void of Sleep. Stoner e sludge stanno lentamente scomparendo, lasciando spazio a una dimensione musicale complessa, molto progressiva, ricca di ritmiche irregolari e sonorità eteree, in un turbinio di gelida oscurità che sa anche concedersi ampie divagazioni di matrice jazz, tanto che elementi come synth e tastiere sono stati usati anche in fase compositiva, e non solo per arricchire brani già strutturati. Suoni dal cosmo industriale e decadente popolano l’intro “Dark Gift”, continuando con l’impattante e suggestiva “Omens from Nothingness”, un brano che in qualche modo ricorda il genio dei Depressive Age. Imprevedibile e destabilizzante “Misfortune Teller”, così melodica, così sognante. Così ruvida. “Lullaby of Woe” è sensuale nel suo incedere misterioso e teatrale, tanto da spingersi con prepotenza nei territori post-metal, lande desolate che la band riesce a dominare con grandiosa maestria. Il jazz, forse anche jazz avant-garde, esplode con il sublime sassofono della monumentale “From an Unborn Mother”, metal estremo, prog metal e metal moderno si scontrano nella coinvolgente “Phantoms of Nihil”, prima della conclusiva “Of a Demon in My View”, un brano dalla gamma di influenze così ampia da sfiorare persino il nu-metal, senza dimenticare post, doom, prog… tutti compressi dentro una spirale psichedelica pazzesca. Tre album in dieci anni, cadenzati ogni lustro: poco prolifici? Forse. Ma siamo davanti a una band irrequieta, in costante evoluzione, con un tasso di crescita indomabile: basta confrontare questo nuovo capitolo con il precedente “Metaphora” per rendersi conto che il marchio di fabbrica è tanto chiaro e marcato, quanto soppresso da una trasformazione in un animale sonoro di una razza marcatamente più evoluta. “The Abyss into Which We All Have to Stare”, definito — ‘colonna sonora del declino di una società narcisistica ed egocentrica che ha perso ogni rispetto per se stessa e per il mondo che la circonda’ — mostra una band ormai stabile, coesa, geniale, capace di dare vita a composizioni tanto complesse quanto fruibili.

(Luca Zakk) Voto: 9,5/10