(Mascot Records) Con il terzo album i sempre più acclamati danesi (e svedesi) Vola confermano la loro poderosa capacità di fondere generi musicali apparentemente lontani. Tanto pop quanto prog, tanto metal e djent quando oscuri con una tendenza deliziosamente dark wave. Tastiere imponenti, le quali rasentano la soglia del sinfonico rendono tutto moderno e accessibile, mentre le linee di chitarra sono spesso pesanti e taglienti, generando un’aura tetra in linea con il significato stesso dell’album e del suo titolo. “Witness”, ovvero ‘testimone’, è qui inteso come consapevolezza di tutto ciò che dissolve la società e gli affetti: amori non corrisposti, dolore, un mondo che manipola e forza a comportamenti standardizzati, portando ad insicurezza, isolamento… mentre l’ascoltatore posto davanti ai brani ed ai loro testi si ritrova involontario testimone di questa decadenza… forse scoprendo di non essere solo spettatore ma parte integrante di una mostruosa macchina che lentamente viaggia verso il nulla. Anche la copertina, secondo il front man Asger Mygind, raffigura la testimonianza di qualcosa: un occhio -mezzo essenziale per qualsivoglia testimonianza- ingrandito, oppure un qualcosa che brucia offerto all’osservatore, il quale ne diventa chiaramente il testimone. Un circolo vizioso, un Uroboro metaforico che in qualche modo effettivamente descrive i nostri tempi, la nostra epoca complicata e controversa. Musicalmente si spazia da un rock elettronico molto radio oriented, ad un metal melodico e tagliente di matrice nordica, con divagazioni anni ’90 (Korn / Disturbed / Manson / Static-X) unendo questi due estremi con teorie che ricordano bands come i Katatonia, come può confermare parte dell’intensa “Straight Lines”. Inospitale e dal sapore industriale l’inizio “Head Mounted Sideways”, pezzo che poi cresce verso un livello introspettivo, spesso delicato, prima di tornare su un’ambientazione inquietante. “24 Light-Years” è una dark ballad ricca di elettronica, capace di strizzare l’occhio ai Leprous ma in chiave molto più pop, mentre quel sentore ottantiano esplode sulla bellissima “These Black Claws”, brano che ospita il rapper americano Shahmen e che sarebbe stato perfetto per la mitica colonna sonora de “La Regina dei Dannati”. Ancora sentore anni ’80 sulla malinconica “Freak”, melodie brillanti ed un groove molto catchy con “Napalm”, mentre “Future Bird” trova il punto di congiunzione tra momenti più aggressivi ed una dolcezza di fondo, un mix perfetto per il trend odierno. Dark metal avvolgente e ricco di aperture sinfoniche con “Stone Leader Falling Down”, spudoratamente pop -ma con una certa intelligenza negli arrangiamenti- la mestizia che emerge da “Inside Your Fur”. I Vola non sono definibili propriamente metal, certo, ma al giorno d’oggi l’apertura stilistica di tantissime band non contempla più una ben definita appartenenza di genere. Questi danesi ne sono un esempio: riescono a dar vita a brani potenzialmente apprezzabili da tutti, ma sotto sotto, nel loro nucleo creativo, esternano una visione tetra del mondo, una rabbia intrinseca ed un senso di ribellione esprimibile solamente con una delle infinite varianti del rock.

(Luca Zakk) Voto: 8/10