(AOP Records) Settimo e ottavo album in un colpo solo! I bavaresi Waldgeflüster, capitanati dall’inossidabile Winterherz, compiono un altro passo, un grande passo, per dare un seguito al grandioso “Dahoam” di quattro anni fa, ma anche al valido EP “Unter bronzenen Kronen” uscito nel 2023. Certo, pubblicare un doppio album (o due album nello stesso giorno) non è una mossa facile: non lo è artisticamente e non lo è nemmeno commercialmente, specialmente in questa epoca di fruizione liquida, frettolosa e sintetica. Ecco quindi che quasi due ore di musica, con molti brani dalla durata importante (otto, nove, dieci e persino undici minuti!), non sono certo una cosa per tutti, senza poi dimenticare che i Waldgeflüster non fanno musica facile, allegra, non pubblicano brani catchy, non fanno sicuramente alcuna radio hit. Il doppio album non è solo una sequenza più lunga di brani, anzi. Ci sono i sette brani principali della prima parte e poi ci sono quasi gli stessi brani nella seconda, ma in verità si tratta della geniale idea di guardare i primi brani da un diverso punto di vista, cosa che può portare a un risultato completamente diverso, tanto da originare canzoni completamente diverse. È lo stesso mastermind a spiegarlo: ‘Questo è un esperimento. Uscire dai sentieri battuti, cercare altri mezzi di espressione e guardare le canzoni dell’opera da una prospettiva diversa. Abbiamo cercato di ridurre tutto alla sua essenza e di creare qualcosa di nuovo e diverso dalle rovine di queste canzoni. Ogni brano di questo disco ha le sue radici nella Parte I, ma almeno per alcuni di essi le rovine sono state trasformate in qualcosa di completamente diverso. L’idea e la sensazione alla base sono sempre le stesse, ma il risultato, si spera, offre una prospettiva diversa.’ Ed ecco che nascono tracce che toccano il cuore come “Das Klagelied der Krähen”, la rivisitazione dell’aggressiva opener “Krähenpsalme (feat. Austin Lunn)”, oppure le due “The Parting Glass” che sembrano non assomigliarsi in alcun modo. Entrambe le parti emozionano, colpiscono, sorprendono, e capitoli quali “Lethe – Der Fluch des Schaffenden” (feat. Alboin), “Bamberg, 20. Juni”, “Crusade in the Dark”, o “In Lethes Fluten” riescono a far percepire una gamma di emozioni molto vasta, molto intensa, tanto da poter quasi percepire i sentimenti che Winterherz ha provato componendo le canzoni. Tra gli ospiti, amici di alto livello: Austin Lunn e Charlie Anderson dei Panopticon, Arvagr di Dagnir en Gwann… anche ex bassista dei Waldgeflüster stessi, e Alboîn di Eïs e Minas Morgul, oltre a vari altri amici che appaiono sulla conclusiva (della prima parte) “The Parting Glass”. Il doppio disco, chiedendosi cosa resta di noi quando lasciamo questo mondo, è un lavoro immenso: quattro anni di ispirazione, di ricerca, di sentimenti convertiti in arte, in musica capace di trasportare ancora una volta l’ascoltatore dentro un mondo fatto di malinconia, foreste, torrenti, pietre e natura. “Knochengesänge” parla della nostra fine, della nostra inevitabile fine, riflettendo profondamente su ciò che ci lasceremo dietro, su cosa rimarrà di noi, della nostra vita, di quello che abbiamo fatto. Lasceremo un segno per i secoli futuri o saremo dimenticati già dal giorno dopo il nostro trapasso?

(Luca Zakk) Voto: 9/10