(Columbia Records / Sony Music) Quinto atto per gli indiscussi signori del folk nordico. La band di Einar Selvik ha raggiunto un successo planetario unico, risultando tanto imitata quando straordinariamente unica. Con questo ‘corvo bianco’ (nonostante quanto suggerito dalla copertina) musicalmente riprende e continua la trilogia di “Runaljod”, dopo la bellissima divagazione scaldica di “Skald” (recensione qui), enfatizzando in modo impersonale l’io artistico di Einar (il titolo è una variante del suo nome d’arte totemico), il quale con un forte senso di speranza e vita si lega indissolubilmente con la natura, con la montagna, con la spiritualità della stessa e, soprattutto, con gli animali bianchi e sacri, i quali nel simbolismo e nelle leggende norrene (e non solo) sono essenziali nelle tradizioni animiste e considerati indubbiamente profetici, degli autentici postivi messaggeri delle divinità, rispecchiandone la purezza ed il collegamento tra il mondo terreno e quello degli Dei. L’album coinvolge e assorbe con il suo un complesso lavoro artistico, tanto che sono stati coinvolti molti giovani cantanti folk sotto la direzione di Kirsten Bråten Berg, uno dei più noti rappresentanti del canto tradizionale norvegese. Voci, suoni, rumori, i magici timbri di strumenti quali lira (Kravik e di Trossingen), la Tagelharp a tre corde, a cetra norvegese Langeleik, la crotta medioevale, vari corni (di capra), fiati quali il lur (sia di legno che il più antico di bronzo) ed i flauti, senza dimenticare l’antenato del violino, ovvero la moraharpa. “Synkverv” (in inglese ‘Turn-sight’) è pulsante, atmosferica e quei cori hanno una strabiliante potenza celestiale. La title track apre con un suggestivo verso del corvo per poi inoltrarsi in teorie folk dal gusto tribale, ipnotico, suggerendo altre etnie, altre culture, verso una universalità della musica tradizionale del genere umano. “Skugge” (‘Ombra’) è più oscura, più introspettiva verso un crescendo ritmico, corale e strumentale eccitante e in un certo senso drammatico. Stimolante, fascinosa ed incalzante “Grá”, avvolgente e molto atmosferica “Fylgjutal”, brano con un finale remotamente rock. Si torna alla terra, al fuoco, alla tradizione tribale con la magia vibrante e sciamanica di “Munin”, “Kvit hjort” ha una evolzione gloriosa ed epica grazie ai superlativi corni, mentre con “Viseveiding” si rafforza il legame con i primi album facendo emergere l’unicità della voce di di Lindy-Fay. La nona traccia, “Ni” (‘Nove’) evoca spiriti ricchi di forza, “Vindavlarljod” porta all’esaltazione certi strumenti etnici dal suono incantevole, la conclusiva “Andvevarljod” chiude con un innalzamento spirituale poderoso concretizzato da performance vocali irresistibili. Con l’immancabile duetto di voci tra Einar e l’incantevole Lindy-Fay Hella, “Kvitravn” è un lavoro storico, etnico e spirituale immenso, reso magico da atmosfere ricche di natura, di calore, dei colori seducenti di uno scenario che racchiude montagne e foreste

(Luca Zakk) Voto: 10/10