(ROAR! Rock Of Angels Records) Per me parlare dei White Skull è come salire sulla macchina del tempo e viaggiare a ritroso di venticinque anni, quando una sera di inizio 1998, io ed il mio inseparabile amico Alberto decidemmo di andare a vedere una promettente band vicentina che si esibiva in un minuscolo locale nel trevigiano. Al tempo non c’erano YouTube, Spotify o altre piattaforme, e le band avevano soltanto le assi del palcoscenico per dimostrare di che pasta erano fatte. I White Skull stavano promuovendo il loro secondo album “Embittered” e quella sera avevano messo letteralmente a ferro e fuoco il locale. Dopo quella notte ho visto la band dal vivo almeno un’altra dozzina di volte, tra un album nuovo ed un cambio di formazione, problemi personali e di salute. Tutto questo grazie a Tony “Mad” Fontò ed alla sua volontà di andare avanti anche nei momenti in cui tutto sembrava crollare. Una volontà figlia di quella passione che caratterizza anche “Metal Never Rusts”, undicesima fatica in studio del Teschio Bianco. Stilisticamente non ci sono grandi sorprese, ci troviamo di fronte al power metal di stampo teutonico di cui la formazione veneta ci ha abituato; ciò che colpisce è l’entusiasmo profuso dopo tutti questi anni da una band ancora in grado di divertirsi nonostante l’alto livello di professionalità raggiunto. “Hammer On Thin Ice” è veloce e rabbiosa, con la voce di Federica che graffia come non mai. La title track è caratterizzata da un testo in grado di emozionare chi, come me, vive la musica metal come unica costante presente in ogni momento bello e brutto della vita. “Skull In The Closet” è arrembante e dal feeling rock’n’roll per un pezzo che ci riporta agli esordi della band. “Scary Quiet” vede la partecipazione di Chris Boltendahl, che impreziosisce il pezzo con una prestazione davvero intensa, lontana anni luce dalle prove altalenanti fornite negli ultimi due album dei Grave Digger. “Jingle Hell” è il pezzo natalizio del disco, talmente tamarro da risultare geniale, stampandosi in testa tra un sorriso e l’altro. L’album si chiude con tre pezzi abbastanza di maniera, ma comunque ispirati e di buona fattura. Il punto di forza dei White Skull è, come dicevo prima, la passione e la capacità di sapersi divertire in studio e in sede live, mantenendo alto l’entusiasmo e l’ispirazione.

(Matteo Piotto) Voto: 8,5/10