WitchCross-CoverArt-DimitarNikolov.psd(Hells Headbangers) Il copione ormai si ripete all’infinito: una band seminale (in questo caso addirittura danese) pubblica un album e qualche singolo nel 1984, poi le attività rallentano fino a che l’act scompare nel nulla; quindi arriva il revival degli anni 2000, la band torna in vita, pubblica un gigantesco box celebrativo di quattro vinili (!), un doppio cd/dvd, suona al Keep it True e infine stampa un album di inediti. Stavolta la band si chiama Witch Cross e l’album di inediti “Axe to grind”: ancora una volta, gradevole ma non indispensabile heavy metal con tutto il fascino degli eighties e più di una incursione nell’hard rock – quello che qualcuno (fra cui me) si ostina a chiamare, con un ossimoro solo apparente, ‘heavy metal rock’. “Demon in the Mirror” ha una linea vocale molto riuscita e un gioco di chitarre apprezzabile, mentre “Awakening-Pandoras Box”, per fare un paragone ‘recente’, mi ha ricordato gli Helvetets Port. “Bird of Prey” è più metallicamente classica, con una sezione ritmica solida, alla Metal Church; la prima strofa è cantata da una donna che ha i toni di Doro, ma nel package promozionale non c’è alcuna informazione al riguardo. Incalzante “Part of the Machine” prima della muscolare “Chelsea 100”, che con i suoi cori pieni chiude un disco dignitoso. Per i fanatici degli eighties e dei comeback.

(Renato de Filippis) Voto: 7/10