copWithoutGod(Solitude Productions) Pura passione per il doom. Tuonano dalla russia i Without God e vantano una formazione non comune visto che in line up contano una ragazza, Olga, non certamente rilegata ai soliti ruoli di basso senza volume o di tastiera di contorno, magari pochi cori; Olga ha in mano la sei corde ritmica, strumento che sembra saper suonare con efficienza ed imponente potenza. E’ lei che da l’assalto con quei riff pesanti che si sentono durante tutta la durata del full length. Al suo fianco un basso altrettanto pesante, un drumming apocalittico e l’altra chitarra, in mano al vocalist Anton. “Circus Of Freaks” è un disco da ascoltare con passione ma soprattutto con adeguata apparecchiatura e concentrazione; non è roba da mettere in auricolare facendo jogging, non è roba da sentire in auto nel traffico, non è roba per le sfigatissime casse del computer mentre si sta facendo dell’altro. “Circus Of Freaks” è un disco puramente doom, pertanto questi ascolti, se non impegnati, fanno perdere completamente l’originalità, il suono, il valore… relegando la release tra le altre, gettandola nel mucchio il quale – per questo genere – ormai è abbastanza voluminoso. C’è molto Cathedral nel sound dei Without God, ma emergono idee, assoli, arpeggi contro corrente (ad esempio su “Flood”), mentre il vocalist molto spesso sembra deviare verso una impostazione più bluesy, quasi southern. Ma come detto sono dettagli da intenditori, roba per orecchi attenti che portano la release su un livello diverso, più alto, speciale. E se valutiamo il lavoro secondo questo aspetto, allora “Circus Of Freak” diventa un ascolto intenso, coinvolgente, capace di generare dipendenza, desiderio ossessivo. Ed è proprio in quell’esatto momento che emergono cose deliziose, come quel timbro vocale da scoprire e quella chitarra solista fantastica, lontana dal doom, direttamente discendente da blues men navigati, amanti del jamming, pura scuola dell’improvvisazione. La title track apre con cattiveria, assoluta scuola Cathedral, sia nella parte scorrevole che in quella pesante, lenta, devastante. “Where The Sun Doesn’t Shine” è in linea con la precedente, ma si inizia a percepire lo stile della band, il groove del quale è capace, con un doom che riesce a ricordare certe atmosfere dei Lake Of Tears, decisamente lontane da questo genere. “Mushroom Man” è il pezzo indelebile. Di quelli che si tatuano nel cervello. Riff accattivante, wah wah sparato a full, una chitarra solista che inizia a mostrare ciò che vale senza la fumosità tipica del doom. “Flood” odora di marcio, di macigni apocalittici da portare sulla schiena. Poi diventa coinvolgente e travolgente, con quell’arpeggio inquietante cadenzato da una pulsazione che è un vero sisma. Il vocalist da il massimo e rende giustizia ad un pezzo veramente bello… accentato da un assolo che vuole emergere, che vuole bussare alle porte del virtuosismo. La seguente “Seven Sins” ha un main riff fantastico, poi accentuato dall’assolo di chitarra che questa volta si espande e va direttamente in territori stilistici ricchi di tecnica e melodia. Ottima “Fear”, un doom che travolge, investe, copre tutto… con una componente quasi hard rock che rende la canzone dannatamente godibile fin dai primi accordi. Pesante e nebbiosa “Helter Skelter”, mentre la conclusiva “Good Evil” torna su ritmiche più dinamiche, chiudendo un disco molto valido, molto ben composto e suonato. La Russia arriva forse con un certo ritardo sull’evoluzione del metal, per ovvie tempistiche delle aperture culturali, ma molto spesso la musica con questa provenienza è in grado di rigenerare ciò che sembrava assopito spesso aggiungendo componenti che sembravano impossibili da aggiungere. Ed i Without God, senza alcun dubbio, sono perfetti interpreti di questo concetto.

(Luca Zakk) Voto: 7/10