copwizard4(Limb) Dopo le ristampe di “Head of the Deceiver” (QUI) e “Odin” (QUI), la Limb ripropone sul mercato (completo di bonustracks) anche il bistrattatissimo “Magic Circle”, del 2004, un disco segnato da una serie di vicissitudini produttive niente male (all’ultimo momento venne a mancare perfino la copertina!). I maghi della Westfalia erano appena rimasti orfani dello storico chitarrista Michael Maaß, si affidarono al produttore sbagliato, ebbero un (in fondo comprensibile) calo d’inventiva… ricordo che i giornali dell’epoca fecero “Magic Circle” letteralmente a pezzi. Io stesso non l’ho ascoltato per anni, e resto convinto che sia sicuramente l’album più debole della discografia Wizard… tuttavia, ritrovandomelo oggi fra le mani, e comparandolo con certe schifezze che escono nel 2015, non mi sembra più il disastro totale che molti dipingono… Il nuovo mastering, in ogni caso, non è che abbia fatto miracoli: nella opener “Fire and Blood”, forse il pezzo migliore del disco, la batteria ha ancora un po’ l’effetto pentolaccia. “Call of the Wild” vede Sven D’Anna esitare su qualche acuto, e anche il pachiderma “On your Knees” stavolta funziona di meno, forse anche a causa della sua eccessiva lunghezza. Godibile invece il classico inno “Metal”, e anche l’epica e stentorea “Uruk-Hai” ha il suo perché (all’epoca si era in piena frenesia da ‘Lord of the Rings’). A me è sempre piaciuta anche l’hammerfalliana “Circle of Steel”, spesso accusata di essere scontatissima… ma quanti brani ‘classici’ lo sono, in fondo? Dopo lo speed allegrotto ed helloweniano di “The Magic goes on” abbiamo addirittura una ballad, naturalmente sulla stretta scia dei Manowar: “Don’t say Goodbye” non ha il fascino di “Swords in the Wind”, ma ci si richiama in modo abbastanza sfacciato. Come bonustracks due inediti: la spedita “Master of the holy Flame” è una godibile cavalcata con ritornello ficcante, mentre ha più l’aspetto di una b-side riempitiva “Sons of the North”, dal refrain già sentito. “Magic Circle” resta un disco da completisti, ma col senno di poi non merita i 4 che fioccarono all’uscita.

(René Urkus) Voto: 6,5/10