(autoprodotto) Sono al debutto, tuonano dalla Norvegia e sembra abbiano già una tale esperienza da aver aperto per gente come Chris Holmes e gli Audrey Horne. Vengono etichettati come ‘hard rock’, ma non dimentichiamoci la provenienza… la quale non è la Svezia con i suoi revival anni ’80! Questa è la Norvegia, la terra della musica oscura… e questa caratteristica si evidenzia con prepotenza in queste sette intense tracce! Siamo lontani dal look ‘hard rock’, il quale in questo caso è più vicino ad un incrocio tra stoner e thrash, mentre il timbro vocale del cantante ha ben poco a che vedere con il genere dalle chiome cotonate. Siamo tra il groove metal, doom, stoner e southern… ed infatti nessun brano offre quella luce, quella lasciva sensazione tipica del genere che troviamo sull’etichetta! “Echolomania” è cattivo, è tirato, è pesante, ha influenze deliziosamente ignoranti, punkeggianti, scazzate e scatenate, anche se è palese che il quartetto sa comporre, sa scrivere, sa suonare e sa dar vita ad atmosfere graffianti molto efficaci! Diretta e polverosa la title track, canzone dotata di ritornello e cori efficaci, oltre che di una chitarra sfacciata ma molto corposa. Molto metallo nel main riff di “Dødens Stemme”, canzone con un interludio oscuro decisamente impattante ed un crescendo di cattiveria irrefrenabile. Deserto e polvere southern tra le note doom ed i riff heavy di “Spirit of Dolus”, provocazione epica con “The Punisher”, altro brano con ricercati intermezzi dalle provenienze etniche. Cattiva ma suggestiva “Queen of Desire” prima dell’intensità poetica, esaltata dal sax, con picchi tribali della conclusiva “How to Talk to Indians”. Riff letali, volgarmente underground, ricchi di divagazioni scream e punte di thrash, inserti tirati, deviazioni malinconiche, sporcizia stoner, chitarre efficaci, melodie subdole: musica sincera, diretta, musica che sfoga rabbia, grinta, energia, delusioni e successi. “Echolomania” è un ottimo e dannato album di pesantissimo rock’n’roll!

(Luca Zakk) Voto: 8/10