(Einheit Produktionen) Tornano dopo molti anni i tedeschi XIV Dark Centuries con il loro metal pagano della Turingia! L’ultima loro pubblicazione risale a quasi dieci anni fa (“Gizit dar Faida” del 2011) e questo nuovo lavoro colpisce come tuono in un giorno soleggiato, tagliente come le affilatissime spade, poderoso come il martello di qualche divinità guerriera dominata dall’ira! Undici tracce, intro ed outro compresi, tutte nuove tranne tre recenti registrazioni di brani usciti precedentemente con l’EP “Jul” del 2005 e con l’album “Skithingi” dell’anno successivo: undici brani sferzanti, deliziosamente melodici, trionfali, capaci di iniettare colpi di scena esplosivi, mescolando virtuosismi con un’epicità guerriera, brutalità black con divagazioni immensamente folk, sempre con davanti agli occhi venerazione sincera e trionfale per la terra, i boschi, la natura selvaggia, quella natura che per definizione deve essere libera e dominante, meritevole di reverenziale rispetto! Con malinconia l’intro “Heimwaerts” accompagna per mano verso una subito incalzante “Skogafulka”, una canzone dove riff galoppanti si fanno esaltare da un chitarra incisiva, portando la scena subito su una rocambolesca cavalcata che strizza l’occhio ad un power folkloristico decisamente aggressivo. Duale “Svava”: tirata e tecnica prima, delicata poi con suoni che provengono da qualche villaggio lontano, disperso tra le nevi, con il favoloso vocalist Michel che rivela ancora una volta il suo ampio range vocale, dallo scream animalesco a quel baritonale tribale superlativo. Dettagli sinfonici sulla bellissima “Firratan”, un brano nel quale le chitarre sono poderose ma anche capaci di melodie ipnotiche; quel sentore di clan, di cameratismo tra compagni di armi divaga con grandezza in questo brano squisitamente e stilisticamente eclettico. Capolavoro “Atme den Wald”: black metal efferato, una incontrollabile tendenza alla gloria, una performance vocale robusta e un lavoro di chitarre irresistibile. Diretta ed entusiasmante “Ich bin das Feuer”. “Sunna” è un altro pezzo forte dell’album, con il suoi passaggi folk, la sua esplosione metal, le sue chitarre incisive, le divagazioni melodiche ed i grandiosi assoli. Dopo le tre nuove coinvolgenti registrazioni dei brani vecchi (“Julenzeit” e “Bragarful” da “Jul” e “Runibergun” da “Skithingi”) è il brano ambient “Nott” a chiudere questo album con senso malinconico, vagamente doom e melodicamente gotico. Fedeli al loro stile. Imperterriti, gloriosi, feroci ma anche atmosferici e sensuali. I XIV Dark Centuries iniettano nei riff e nelle melodie una cieca furia assetata di sangue, un sognante amore per la terra, la fedeltà a divinità epiche ed antiche e tutto il mistero che quelle foreste, quelle cime innevate, quei venti freddi riescono a racchiudere in una dimensione a cavallo tra mitologia e storia, tra leggende pagane e popoli fieri dotati di un cuore immenso ma anche di una mano capace di uccidere senza alcuna indecisione.

(Luca Zakk) Voto: 8/10