(Pelagic Records) Sarà banale dirlo, ma i bordolesi sono buoni come il loro vino! Lo sono sempre e lo sono ancora con l’album “Consolamentum”, anche otto anni dopo “Tocsin”. Otto d’invecchiamento, mica pochi! Eppure la band ha lavorato in se stessa e per se stessa, plasmando una materia sonora che in definitiva ha visto al luce. Un album sorprendente perché le direzioni sonore di questo post metal (eppure è restrittivo definirlo tale!) sono dilatate, eteree, epiche, andanti. Post metal plasmato con essenze drone a volte, con risvolti improvvisi, con aperture maestose o con derive mentali e emozionali oscure. “Consolamentum” è una altalena di emozioni e sensazioni, come in un percorso sonoro che vede una certa maestria dei musicisti di Bordeaux, quanto una sapiente gestione del tessuto sonoro. Cinque pezzi strumentali e tutti di lunga durata, il più breve è “Alètheia”, un crescendo turbinante di poco oltre i sette minuti e mezzo. Eppure colpisce l’opener “Objuration” che rasenta del dark ambient minaccioso e che sconfina in qualcosa in stile Neurosis. La pachidermica composizione “Interdit aux Vivants, aux Morts et aux Chiens”, con momenti vivaci e inattesi, “Réalgar” che con l’opener condivide la durata maggiore dei cinque pezzi, poco meno di tredici minuti, dall’andatura ipnotica che si tramuta in una maestosa e umorale quanto drammatica avanzata. “Came”, quasi undici minuti, è l’ulteriore intreccio finale tra melodie ansiogene, andature segnate, con un basso ribollente, chitarre declamanti e uno scivolare rumoroso tra post metal, sludge, atmospheric e tutto il resto. Un lavoro denso, fragoroso eppure con toni leggeri, senza pesantezze e troppi ghirigori. Un lavoro straniante, maturato nell’angolo di un qualcosa e svelato ora al mondo intero. Otto anni e non sentirli!

(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10