(Music Theories Recordings / Mascot Label Group) Hej Maestro! Ära dig, mästare! Il funambolo del metal neo classico, il genio delle scali minori, l’irriverente ma geniale Malmsteen firma il suo ventiduesimo disco, un’assalto sonoro composto da dieci brani per la maggior parte strumentali, dettaglio non trascurabile visto che l’axe man continua a non chiamare uno qualsiasi dei favolosi vocalist che hanno offerto le loro corde vocali nei tanti album della strepitosa carriera del genio svedese. Parlando proprio di voce, va detto che al microfono l’artista ora è cresciuto, riuscendo ad offrire una performance molto migliore del recente passato, certamente lontana dalle ugole superlative del passato, ma comunque piacevole, energetica e ben curata. Tuttavia Yngwie non è un vocalist: lui è, ed è sempre stato un compositore creativo con uno stile estremamente identificativo, dichiaratamente ed infinitamente ispirato ai geni classici come Paganini. E ecco che quando un musicista come Malmsteen si trova -come tutti- senza i concerti, in isolamento, senza poter sfrecciare in giro con le sue Ferrari… l’unica soluzione è comporre. Rinchiudersi nel suo grande studio a casa per scrivere e registrare musica, snocciolare riff ed assoli, mescolandoli, unendoli, separandoli, dando vita ad un nuovo travolgente album! Questa volta apparentemente non ci sono le tastiere, un album tutta chitarra, sola chitarra, tantissima esplosiva chitarra! Ecco che Paganini resuscita negli assoli della furibonda opener “Wolves At The Door”, brano tirato, con linee vocali molto ben costruite, progressioni Malmsteeniane di altissimo livello. “Presto Vivace in C# Minor” si auto descrive con il titolo: uno strumentale di quelli graffianti, un orgasmo di scale magistralmente costruite, affiancate e suonate, accentate con energia dal drumming di Brian Wilson. Drammatica e seducente “Relentless Fury”, un mid tempo provocante, un brano sferzato da un vero colpo di pistola registrato in maniera opportuna, cosa che il Maestro cerca di fare fin dai tempi di “Trilogy”; le linee vocali ed il ritornello creano una piacevolissima ansia, scatenando un groove dannatamente elettrizzante. Title track che intensifica la minaccia: la strumentale “(Si Vis Pacem) Parabellum” (‘se vuoi la pace, preparati per la guerra’, ndr), è un amplesso di chitarra al massimo livello, mentre si mostra penetrante e suggestiva la ballad “Eternal Bliss”, la quale viaggia sulla scia di altri grandi lenti di Malmsteen, come “Dreaming (Tell Me)” da “Odyssey” del 1988. Virtuosismo esaltante con linee di basso carnali sulla barocca “Toccata”, drammatica la favolosa “God Particle”, uno strumentale che vuole essere un ottimo erede di “Black Star”. Brillante e tuonante “Magic Bullet”, scorrevole l’ultimo brano cantato, “(Fight) The Good Fight”, prima della traccia conclusiva, la contorta e liberatoria “Sea Of Tranquility”. Con un titolo arrabbiato e deciso all’ultimo momento, una copertina artistica nata da un foto di Mark Weiss e poi trasformata in un (enorme) dipinto da David Benegas, un artwork che viene dato in beneficenza a bambini orfani tramite l’organizzazione unanitaria della moglie di Yngwie, “Parabellum” è un album corposo, un album nel quale immergersi dalla prima all’ultima traccia, senza estratti, senza un ordine diverso da quello proposto, in quanto concepito ad arte con una progressività stilistica ed emozionale unica, con le regole di un mestiere nel quale lo svedese è ampiamente ed indubbiamente uno dei massimi esperti. Un Malmsteen grandioso ed in ottima forma… ma… prevedibile? Si! Certo! Senti un brano di questo album per la prima volta e intuisci già la risoluzione del riff, prevedi la scala che le dita del Maestro suoneranno a velocità disumana. Ma, cazzo, questo chitarrista è in giro da quattro decenni e questa roba riesce a farla solo ed esclusivamente lui. Imitatori e cloni? Tanti. Chitarristi virtuosi di altissimo livello? Ce ne sono. Ma, ripeto, questa roba riesce a farla solamente lui!

(Luca Zakk) Voto: 10/10