(Blood Harvest Records) Se dovessi descrivere questo duo israeliano con due parole userei proprio quelle che danno il titolo all’EP. Come debutto, il gruppo ha scelto la fortunata formula dell’extended play, giusto come vetrina per un imminente uscita sulla lunga distanza. E lo ha fatto con eleganza e perizia per i particolari. Le 5 tracce sono ben costruite, un black rituale appunto, nero e malefico fin nel midollo. L’origine dei compositori è solo in parte mascherata, complice una serie di melodie piuttosto orientaleggianti seppur relegate nettamente in sottofondo. Ma un certo retrogusto mediorientale , lo si percepisce in tutto il lavoro. La voce, decisa e brutale, scandisce strutture canzoni semplici ma incisive, in grado di mischiare potenza e controparte evocativa. La parte ritmica serra tempi veloci senza dare troppe pause, contribuendo a dare al tutto una connotazione molto vecchia scuola. Un album che pure non dicendo assolutamente nulla di nuovo omaggia a dovere i padri fondatori del genere . Di pregevole fattura.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 8,5/10