THRONE OF KATARSIS – “Ved Graven”
(Candlelight) Il Trono Nero di Norvegia ha ancora dei sacerdoti dannati e sanguinari a cui dare voce. I Throne of Katarsis incidono e pubblicano “Ved Gaven”, successore (altro…)
(Candlelight) Il Trono Nero di Norvegia ha ancora dei sacerdoti dannati e sanguinari a cui dare voce. I Throne of Katarsis incidono e pubblicano “Ved Gaven”, successore (altro…)
(Twilight) “AtmosFear” è il terzo album della band olandese Toxocara, il quale necessita di qualche passaggio d’ascolto in più per poterne apprezzare fino in fondo le diverse sfumature del death metal suonato degli olandesi. In effetti “AtmosFear” vede un riffing denso, carico di groove e sufficientemente imbastardito da toni industrial. Probabilmente proprio questo ultimo elemento al primo ascolto pone i Toxocara sotto un’ottica abbastanza oscura e con melodie che si alternano a umori sinistri e psicotici. Matijn Moes e Vince Zwarts fondono le sei corde in trame che sembrano rincorrersi per tutta la durata dei pezzi, sorrette da un drumming (William Vierman) sicuramente infaticabile, ma con i suoni troppo compressi. Inoltre alcuni synth aggiungono un tocco inqueitante e, allo stesso tempo, cibernetico. “Annihilation By The Angkar (Marionettes of War)”, dal groove nervoso e corrosivo, “Towards The Perpetual Labyrinth” e “Black Widow” sono delle marce devastanti che si perdono in blastbeat tempestosi, mentre brani del calibro di “The Kempeitai Hordes Of Hirohito” e “Bravo Two Zero” sono velocissime e con fraseggi dissonanti. Un sound che racchiude diverse caratteristiche più tipicamente death metal, nelle accelerazioni e per alcuni fraseggi, ma che prova anche a sperimentare con qualche idea diversa. L’unico difetto è che qualche brano appare eccessivamente dilatato, ma nel complesso i Toxocara ha realizzato un lavoro discretaente interessante.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10
(Spv/Steamhammer) Il ritorno dei Touchstone è qualcosa di piacevole perché la band inglese si è sempre contraddistinta per aver saputo coniugare l’elemento progressive con il rock e l’hard rock. Toni mai eccessivamente complessi, intense melodie indirizzate su più livelli che realizzano scenari grandiosi. Le tastiere di Rob Cottingham hanno un tocco personale ma, tanto per darne un’idea, lo stile è avvicinabile a Rick Wakeman. Le chitarre di Adam Hodgson, vera bilancia stilistica tra i pesi del rock e i macigni più hard, assemblano l’ossatura dei pezzi finalizzati dai contrappunti del basso di Paul Moorghen. Chi deve impegnarsi a gestire le varie fasi dei pezzi, come i più selvaggi “These Walls”, “Throw Them to the Sky” o la stessa titletrack, è il batterista Henry Rogers, il quale sembra incidere meglio quando i ritmi sono pacati. Non ultima, perché è tra le cose più belle, la voce di Kim Seviour, la quale coabita con lo stesso Cottingham per tutto l’abum. Le canzoni più in vista sono “When Shadows Fall”, un brano dalla lunga durata che gioca con atmosfere da film horror, “Good Boy Sky”, vera sinergia tra spirito hard rock e scorci progressive, come accade anche con la titletrack. Tuttavia è arduo stilare una classifica dei pezzi, finanche alcuni apparsi inizialmente meno incisivi si dimostrano poi buone composizioni. “The City Sleeps” possiede l’alchimia giusta ed è un album da comprare, anche a scatola chiusa.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10
(Napalm Records) La seconda prova dei Thulcandra è una conferma, per chi scrive queste righe, di quello che è la band black metal tedesca: ovvero una gruppo capace di suonare il black metal in modo pulito e senza quel briciolo di cattiveria che invece il genere spesso (altro…)
(Twilight-Masterpiece) The Rain I Bleed è una band greca di symphonic metal che può vantare per il proprio debut la partecipazione di Jeff Loomis dei Nevermore e di Jonas Kejllgren degli Scar Simmetry. “The Utter me” testimonia, per fortuna, che i suoni sono più orientati verso il power che verso (altro…)
(Pure Underground-Audioglobe) Poche informazioni in rete sui Transnight: si sa soltanto che sono tedeschi, che hanno alle spalle tre demo, e che tre membri su quattro portano lo stesso cognome, il che lascia pensare che siano in qualche modo imparentati… “The dark Half”, il loro debutto, ha quel tipico sound heavy metal underground che un tempo era così difficile da trovare, e che oggi invece si ascolta a tutti gli angoli delle strade! La breve “Devil don’t wear Plaid” è tutta accelerazioni e ripartenze, che si complicano ancora di più in “You gotta do what you got to do”, dove le strofe semplici contrastano con il refrain fracassone. Brani come “The System” hanno una bella struttura, alternano più tempi e più atmosfere, il che limita l’impressione di già sentito. “False Prophets” ci porta senza indugi nel thrash, e da qui in poi, piuttosto sorprendentemente, il disco prende queste sonorità molto quadrate; si differenzia soltanto la conclusiva “MOHN (Mistakes of human Nature)”, con tempi dispari e growl accentuati. Un prodotto acerbo ma a suo modo ben riuscito.
(Renato de Filippis) Voto: 7/10
(Siege of Amida) Gli inglesi TRC sono una ensamble carico di rabbia e forza e il loro nuovo album “Bright Lights” è un urlo dalle tinte hardcore, nel quale la band in più occasioni si rifà agli Agnostic Front; ma a dire il vero il modello (altro…)
(Candlelight Records) La Candlelight pesca di nuovo dagli Stati Uniti per arricchire il proprio roster, con il second album dei Thee Living Fields. La band di Chicago è l’espressione di un doom dai tratti emotivi e variegati, creati con influenze epic, progressive, avant-garde e heavy metal. Un sound variopinto, poco funereo ma tanto “loquace”. Un lavoro che al primo ascolto rischia di disorientare l’ascoltatore, ma che reiterando la scaletta di otto pezzi pian piano si metabolizza. Del resto i The Living Fields propongono brani di una certa durata (alcuni da 9’, mentre la title track supera i 17’), i quali hanno bisogno di un legittimo tempo di assestamento nella mente. “Running Out the Daylight” è stato anche concepito con parti acustiche, cori, l’uso di strumenti come il pianoforte o i timpani: il tutto serve a proporre scorci inaspettati che non appesantiscono il songwriting, evitandolo di renderlo cervellotico. Un lavoro piacevole, soprattutto nei richiami a certi canoni del metal classico.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10